Johnny Gioeli è conosciuto ai più per essere il cantante della band di Axel Rudi Pell, dato che collabora col chitarrista tedesco dal 1998 (“Oceans of time”, per chi scrive uno dei suoi lavori più ispirati) e che nell'arco di sette dischi in studio e uno dal vivo ha saputo farsi apprezzare dai fan per la sua vocalità duttile ed estremamente passionale. Ma Johnny Gioeli ha anche la sua band, quegli
Hardline che fondò agli inizi degli anni novanta assieme al fratello Joey, e che godettero, per il loro disco d'esordio “Double Eclipse”, nientemeno che della collaborazione di Neal Schon (chi ha detto Journey?), all'epoca alle prese con lo split dei Bad English e dunque più che disponibile a portare alla vita questa nuova creatura. Qualche cosa quel disco l'ha raccolta, soprattutto per l'ottimo singolo “Hot Cherie”, che all'epoca ricevette persino qualche passaggio su MTV. Oggi, a quasi vent'anni di distanza, dopo essere passati più o meno indenni dal ciclone grunge ed essere risorti a nuova vita grazie alla provvida mano della Frontiers Records, gli Hardline sono pronti a rilasciare il loro terzo lavoro, sperando di tenere vivo quell'interesse che si era acceso nei loro confronti all'indomani della loro performance al Gods of Aor 2002 (ne esiste anche una superba testimonianza live, sempre su etichetta Frontiers).
“Leaving the end open” è l'ideale seguito di “II”, con il suo melodic rock scoppiettante e tremendamente catchy, che in più punti arriva quasi a confinare con il pop da classifica. Un disco che parte benissimo, con la smash hit “Falling free”, dotata di un chorus trascinante al punto giusto, e che sembra davvero una dichiarazione di intenti per la band americana. La successiva “Start again” gioca sulle medesime coordinate di anthem radiofonico, con la voce di Johnny più ispirata che mai, soprattutto ora che può correre libera, senza essere imprigionata dai paletti spesso ossessivi di Mr. Pell. Peccato che tale stato di grazia non si mantenga per tutto il lavoro: “Pieces of puzzles” e “Before this” sono due ottimi brani, che non mancheranno di incendiare le platee dal vivo, mentre “In this moment” è una ballata pianistica di rara bellezza e intensità, dove la voce di Gioeli raggiunge vette impensabili, disegnando trame forse scontate ma non per questo meno affascinanti. Ci sono però anche cose che non funzionano: così, se “She sleeps in madness” contiene un non so che di oscuro che però si perde un po' via; “”Bittersweet” è un'altra ballata, che non riesce però ad essere vincente e che risulta alla fine un po' troppo banale e sdolcinata. Diverso discorso invece per “Give in to this love”, che presenta un riff roccioso e qualche propensione di troppo alla modernità, concludendosi poi con un ritornello decisamente inoffensivo. Anche gli ultimi due episodi, “Hole in my head” e la title track, pur giocando sull'ariosità della melodia, non riescono a convincere fino in fondo. “Leaving the end open” è nonostante tutto un lavoro pregevole, che dimostra come gli Hardline siano una realtà interessante in ambito AOR, a cui va lasciato tutto il tempo necessario per trovare la forza di esprimersi a pieno. Va da sé che con una voce come quella di Johnny Gioeli sarebbe un delitto farli cadere nel dimenticatoio...
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?