Quando mi vedo recapitare un disco prodotto dalla Ledo Takas, al novanta su cento so già cosa devo aspettarmi: dell'ottimo black metal proveniente dai paesi baltici, intriso della storia e cultura di quelle terre lontane per me così ricche di fascino. E' così anche per la one man band chiamata
Luctus, basata su tematiche prevalentemente legate alla guerra, vista come fonte di purificazione e progresso. Il nome del gruppo, scritto in latino, non deve farvi pensare semplicemente a un mezzo per conferire solennità alla proposta. Il mastermind Kommander L. risiede infatti da anni a Roma e si muove con disinvoltura all'interno dell'affollata scena della Capitale, pur senza rinunciare al legame con le proprie origini.
"Jauciant Pabaiga Arti" (vi risparmio la tracklist, in grado di mettere quasi a dura prova anche il sistema di codifica Unicode) ci propone un black vecchio stile, violento, grezzo, ancora legato a ritmiche thrash come piace da sempre in Scandinavia. I tempi spesso sostenuti, marziali, non fanno sì che si debba rinunciare sempre e comunque alla melodia, che compare a sprazzi e riesce sempre a convincere. Basti sentire la terza traccia, dove un insistente motivo dal sapore epico accompagna in maniera fluente il maelstrom sonoro condotto da Kommander L. e dal session drummer Kingas.
Guardando il lato tecnico ci troviamo davanti a un'ottima interpretazione sotto tutti i punti di vista: se il songwriting risulta così ficcante è anche merito dell'ottima prestazione del duo. Da segnalare la varietà delle chitarre, impegnate anche in lancinanti assoli o brevi intermezzi acustici. Forse un piccolo appunto si potrebbe muovere sulle vocals, un po' troppo canoniche e classiche. Il vero difetto della musica dei Luctus sta nell'originalità, nella puzza di già sentito che non fa venire voglia di riascoltare tante volte questo dischetto. E' sicuramente l'aspetto su cui bisognerà concentrare tutti gli sforzi in futuro, perché per il resto le basi sono già solide e affermate.
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