Temo che non saranno molti i
“rockers” (o presunti tali!) interessati a questo disco di
Bill Champlin. Ed è un vero peccato, poiché il cantante / chitarrista / tastierista / arrangiatore statunitense, con “No place left to fall” ha messo a punto un lavoro emanante riflessi di classe cristallina, in perfetto equilibrio tra pop, west coast rock, rhythm ‘n’ blues, funky e soul.
Nulla di particolarmente sorprendente, in realtà, dal momento che il nostro vede legato il suo nome a quello dei Chicago, uno dei grandi colossi del pop rock sofisticato yankee, purtroppo, però, non sempre apprezzato a dovere, almeno dalle nostre parti.
Sono proprio i suoni tipici della “navicella madre” a fornire il punto di partenza per il full-length solista di Bill e quindi se li ritenevate troppo “zuccherosi” per il Vostro palato musicale, il consiglio “razionale” non può che essere quello di tenersi alla larga anche da quest’album, perdendo, in questo modo, l’occasione di gustarsi un prodotto ultra-raffinato e professionale, pregno d’arrangiamenti preziosi che fungono da cornice ad un songwriting dove feeling ed intensità espressiva non appaiono mai “forzati” o prefabbricati.
La presenza, tra i molti ospiti del Cd, di Steve Lukather (e in talune situazioni non siamo poi lontanissimi da certi Toto più “easy”) e Bruce Gaitsch, artefici d’istantanei e sensibili interventi chitarristici, potrebbe fungere da attrattiva pure per qualche non abituale frequentatore di questi suoni e chissà che anche questo piccolo “escamotage” non sia utile per allargare le abitudini d’ascolto di qualcuno.
Se cercate il talento, l’eleganza, il sentimento e la competenza, in “No place left to fall”, ne troverete a bizzeffe, in un emozionante concentrato di settanta minuti di ottima musica.
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