Il secondo disco è sempre il più difficile, così almeno vuole il luogo comune del music business. Una diceria che ancora di più vale per i
Saint Deamon, apparsi un anno fa con un piccolo gioiellino classic metal che era stato recensito in toni entusiastici anche dal sottoscritto. “In shadows lost from the brave” aveva mostrato al mondo le ottime potenzialità di questa band, il cui batterista e principale songwriter Ronny Milianowicz (ex Dionysus, collaboratore dei Primal Fear) si è nel frattempo messo in mostra firmando alcuni splendidi brani del progetto Place Vendome.
Ad un solo anno di distanza dal disco di debutto, fare di meglio poteva risultare alquanto difficile. E invece i nostri scandinavi centrano il bersaglio ancora una volta. Impreziosito dalla produzione di due guru della scena quali Roy Z (Helloween, Bruce Dickinson, Judas Priest) e Jens Bogren (Opeth, Paradise Lost, Amon Amarth), “Pandeamonium” è un lavoro fresco e potente, che non ridefinisce nessuna coordinata stilistica ma che mostra nuovamente come il classic metal abbia soprattutto bisogno di buone canzoni, prima ancora che di suoni ultracompressi e batterie triggerate.
La formula è la stessa del primo disco, e se per questo il fattore sorpresa può essersene andato, i dieci pezzi che Ronny e compagni ci hanno confezionato spaccano il culo come quelli dell'anno scorso. L'opener “Deception”, la melodicissima title track, le cavalcate speed “Eyes of the devil” e “Deamon within”, l'irresistibile anthem “Fallen angel” sono esempi di come il metal dovrebbe essere suonato: cuore, classe e tanta voglia di divertirsi.
La voce di Jan Gore Grefstad è meravigliosa come sempre, una vera e propria forza della natura, e ancora una volta sono le sue linee melodiche a costituire il punto focale di ogni canzone.
Non c'è alcun dubbio: con “Pandeamonium” i Saint Deamon fanno un bel passo avanti nel loro cammino artistico e si confermano in possesso di tutte le qualità necessarie per arrivare agli stessi livelli dei vari Edguy, Sonata Arctica, Hammerfall e Primal Fear, vale a dire tutte quelle bands che sono emerse dal mucchio negli ultimi dieci anni.
E non storcete il naso nel vedere che ci sono solo 38 minuti di musica tra i solchi di questo cd: qui si bada alla sostanza, mica a riempire gli 80 minuti disponibili di un dischetto ottico! Come già accadeva su “In shadows...”, è la qualità a farla da padrone, esattamente come le più grandi band all'epoca del vinile. Una volta tanto che vale la pena spendere i vostri soldi, non penserete mica di tirarvi indietro, vero?
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