Davvero una piacevole sorpresa questo terzo lavoro degli americani
Cage (da non confondere con l’omonimo progetto di Dario Mollo che coinvolgeva anche Tony Martin nel secondo capitolo), anche perchè dischi così non escono spesso: metallo americano con gli attributi, largamente influenzato dai mitici Priest del periodo “Painkiller”. I cinque di San Diego mi avevano già colpito non poco all’edizione del Wacken 2001 dove ebbi l’opportunità di assistere ad un loro show e da subito mi risultò chiaro che, senza nulla togliere al resto della band, era il singer Sean Peck a fare la differenza. Già dalla opener “Kill The Devil” (preceduta da un breve intro) il giudizio di allora si rinnova e non esito a definire la prova di Sean su questo disco semplicemente grandiosa; versatile estremamente vario e notevole in ogni tonalità, addirittura con inserti di screaming e growling in alcuni frangenti dei brani “Chupacabra” (di cui nella versione europea è inclusa anche una versione cantata in spagnolo) e “White Magic”. Volendo si potrebbe notare una certa similitudine del singer statunitense con un cantante di casa nostra come Germano Quintabà, anche perchè gli stessi Centvrion si rifanno non poco ai Priest del medesimo periodo, ma i Cage lasciano scorgere riferimenti ben più americani a bands quali Vicious Rumors, Jag Panzer e un gusto melodico vicino agli Helstar nella song “Eyes Of Obsidian”, vero gioiello dell’album. Nel complesso per stile ed aggressività si possono accostare i Cage ad un altro combo a stelle e striscie non molto conosciuto ovvero gli Skullview, ma mentre questi ultimi si concentrano più sull’impatto e le atmosfere, i primi ricercano la classe compositiva dell’ex band di Halford raggiungendo a pieno il risultato. Non credo davvero di esagerare definendo “Darker Than Black” come ideale prosecuzione del percorso intrapreso dalla band di Tipton e Downing con il succitato album, vi basterà ascoltare songs quali “Blood Of The Innocents” o “Philadelphia Experiment” dunque per capire che i Cage sono tra i pochi a poter vantare il ruolo di eredi della band inglese (per assurdo molto più dei Priest stessi con i loro ultimi due albums...). Nella produzione troviamo lo zampino di Roy Z, guardacaso uno dei maggiori responsabili della “resurrezione” di Halford. Un suono moderno e allo stesso tempo classico, un album spaccaossa, coinvolgente, intenso e prepotentemente Heavy Metal; un plauso ai Cage per aver dato alle stampe uno dei dischi dell’anno, secondo il mio modesto parere. Da notare che la song più cadenzata del lotto “March Of The Cage” ospita sia Roy Z che Joe Floyd degli storici Warrior ai solos. Dunque in primis acquisto obbligato per tutti gli amanti del più puro U.S. Metal (ormai pochi credo..) ma anche ascolto consigliato vivamente a tutti quelli che, delusi dagli ultimi due dischi dei Judas, dopo “Painkiller” avrebbero voluto un album più classico, come.... “Daker Than Black” !! Infine una speranza: che questo disco non finisca nel dimenticatoio come tanti piccoli gioielli degli anni ottanta e novanta rivalutati solo dopo lustri, tributiamo la dovuta stima al momento giusto prima di piangere lacrime di coccodrillo.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?