Delizioso.
Gli Slogh Feg sono una di quelle bands che, se non ci fosse, bisognerebbe inventarla. Volutamente "vecchi", o "vintage", per dirla in maniera fighetta, gli SF hanno dalla loro l'invidiabile capacità di suonare naturalmente
seventies, senza fare il benché minimo sforzo.
Mike Scalzi, voce e mente della band, ha una capacità tutta sua di mettere in piedi brani dal sound riconoscibilissimo, ed il tutto con due chitarre, un basso, e un batteria. Scarno, grezzo, crudo e asciutto, il sound degli Slough Feg è ormai diventato un marchio di fabbrica, marchio che se ne sbatte allegramente delle mode, del music business, delle tendenze musicali. Dieci fans o centomila, gli Slough Feg suonano esattamente quello che piace loro, senza il minimo accenno di un cambio di rotta.
E dunque, date tali premesse, vuoi che il settimo album sia diverso dai predecessori? Manco per sogno.
"Ape Uprising", manifesto alla scimmia come animale simbolo di energia e sana follia, ci presenta gli Slough Feg in formissima, più riffosi che mai e trascinanti come sempre. Un disco con otto tracce tutte diverse tra di loro: dalla doomosa (sin dal titolo)
"The Hunchback of Notre Doom", a
"Shakedown at the Six" che sembra estratta da un album dei Maiden dell'era Di'Anno, da
"Simian Manifesto", puro heavy metal chitarroso, alla Pearl Jammannte
"White Cousin", alla cavalcata
"Ape Outro", e potrei continuare fino alla fine. Una carica, un'energia e una convinzione nei propri mezzi che fa davvero meraviglia. La musica degli Slough Feg è sfacciatamente retrò, e posso capire che non piaccia a tutti i palati. Rimane il fatto che, album dopo album, i quattri americani non sbagliano un colpo, continuando a suonare e produrre metal gustoso, delizioso nel suo essere solo quello che è, ossia la loro musica preferita. Thumbs up!
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