Atmosfere brumose, desolanti, invernali, quando il vapore del respiro si mescola con la nebbia leggera di un bosco in cui la neve costringe i rami degli alberi a chinarsi a causa di quello che non è solo il risultato di un semplice fenomeno fisico e diventa quasi la trasfigurazione del peso di un “mal di vivere” che è parte integrante dell’esistenza umana, una costante che si annida nel nostro animo, pronta ad emergere e accarezzarci languidamente, ogni qual volta la malinconia s’impossessa di noi, con quella prepotenza e quell’eco emozionale che spesso il suo contraltare, la gioia, sfuggente e indefinibile, non conosce.
Non si tratta, però, di una tristezza
passiva e frignante, ma bensì di un sentimento vibrante e intenso, gestito attraverso un metodo che prevede una sorta di
abbandono costruttivo, capace di conferire al “senso di vuoto” una sua consistenza e una sua forza, in contrasto a chi invece cerca di esorcizzarlo tramite l’allontanamento dalla memoria.
Sono queste le sensazioni (agevolate anche da alcune delle immagini del video di “Snowstorm”) che mi evoca questo “The circle” ed è questo l’approccio etico ed artistico che mi pare sia alla base della formula espressiva dei suoi autori,
L’Alba di Morrigan, un gruppo che arriva da Torino, ma che potrebbe tranquillamente, per soluzioni musicali, iconografiche ed interpretative, provenire da latitudini più nordiche, Scandinavia o, perlomeno, Regno Unito.
I Katatonia, gli Opeth in versione “pulita” e acustica e gli Anathema, sono, infatti, i primi nomi di riferimento da citare per illustrare la performance dei nostri “giovani” musicisti piemontesi, nati nel 2004 con il monicker Noduskarma ed oggi, con quest’eccellente Cd autoprodotto, alla ricerca di un meritevole patrocinio discografico.
A dire la verità, nelle canzoni di “The circle”, c’è anche qualcosa dei grandi “dispensatori d’emozioni” americani Dredg e A Perfect Circle, e tuttavia il quadro complessivo non perde praticamente mai d’identità, grazie ad una musica che prende avvio da presupposti comuni e si sviluppa con una certa dose di carisma tra frementi pulsazioni ritmiche, arpeggi dilatati e intrecci melodici foschi, dolci, vitali, appassionati ed immediati, presi per mano da una voce “rilassata” e profonda, che funge da narratrice nella lusinga cullata di mente e sensi.
Difficile estrapolare degli episodi, poiché il lavoro è in grado di fornire regolarmente brividi e suggestioni emotive, e così mi limiterò a segnalare la sola “Lilith”, per le sue contaminazioni “celtiche” e, soprattutto, per il sagace uso dell’italiano, peraltro propriamente calato nell’animata ambientazione elegiaca del brano.
L’Alba di Morrigan rappresenta, dunque, un ottimo esponente di quello stile musicale che potremmo definire come “moderno e oscuro rock psichedelico” e si dimostra pronto, già con questo prodotto “artigianale” (solo di “nome”, in realtà, vista la sua notevole professionalità sotto tutti i punti di vista), ad affrontare “sfide” importanti … Se poi Steve Wilson avesse un po’ di tempo libero …
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