Ancora un prodotto targato Exile on Mainstream, l’etichetta Berlinese che sta operando con sagace attenzione per emergere nel settore stoner ed affini.
Questa volta non si tratta di formazione al debutto bensì dei Payola, gruppo tedesco attivo dal ’97 con alle spalle diversi lavori, dei quali uno in particolare, “For those who know”, aveva ricevuto in patria critiche particolarmente positive.
Và detto subito che non si tratta propriamente di una stoner-band, ma parecchi elementi presenti nel loro sound possono attirare l’attenzione degli appassionati di quell’area.
Fondamentalmente i Payola suonano un rock semplice, frizzante ed efficace, sporcato di blues ma non disperatamente retrò, anzi i loro suoni sono perlopiù forti, moderni ed intelligenti.
Ai fans dello stoner evoluto piaceranno molto brani come “Chosen M.C. loser” o “Better Americans” che rivisitano teoremi settantiani in chiave attuale alla maniera dei Fatso Jetson o dei Masters of Reality, ma apprezzeranno altrettanto la schiettezza ruvida di hard rock blues come “Ragged broom” o “Born a liar”, sostanziose per grinta e groove.
La parte vocale è quantomeno varia, visto che dopo la fuoriuscita dal gruppo del cantante Nico Kozik i Payola non l’hanno sostituito, limitandosi a dividere le interpretazioni dei brani un po’a ciascuno.
Soluzione autarchica che conferma una qualche vena bizzarra nella band germanica, capace d’infilare nel disco anche episodi strampalati e divertenti vedi il country bucolico “Sleeping in disguise” o l’elettronica robotica di “On short legs”. Quando però decidono di fare sul serio si producono in uno stupendo e bollente funky-rock come “Count the monkeys” o in rock’n’roll veraci e Rollingstoniani quali “Get me bleeding” e “White letter boogie”, ed ancora in melodie oblique di gran gusto nella trascinante ed orecchiabile “Still around” e nella penombra del lento “Queen for a day”.
Abbiamo dunque un disco che parla con fantasia e varietà la lingua del rock, come saprebbero fare formazioni del tipo dei Cadillac o dei Black Moses.
Un album magari non indispensabile ma che soddisferà coloro che gli daranno fiducia, volendo assaporare qualcosa lontano dai soliti triti stereotipi. Soprattutto è l’ennesima dimostrazione che in Germania sotto la coltre degli spadoni metal esistono gruppi di stampo diverso, certamente ottimi ed interessanti.
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