Iniziano bene e continuano ancora meglio, i piemontesi
Desidia. Il loro “L’imperfezione”, nuova testimonianza discografica autoprodotta sulla lunga distanza, vive di un prologo interessante, e poi piazza una progressione qualitativa pressoché iperbolica, tanta è la forza espressiva che scaturisce dai suoi solchi digitali.
Dotati di una visione del rock piuttosto
aperta, con influenze tra le più varie (hard settantiano “autoctono”, grunge, psichedelia, bagliori di cantautorato americano e di alternative) e di un approccio gradevolmente “espressionista” (è una loro definizione) nei testi, che li rende “colti” e poetici (ognuna delle liriche, riportate nel booklet, è supportata da autorevoli citazioni), criptici e introspettivi, ma anche assolutamente affascinanti, i torinesi sfoggiano un formato compositivo d’elevato spessore, dove melodia, energia e intensità vengono trattate con cognizione di causa, fornendo all’ascoltatore profonde e prepotenti suggestioni emotive.
Come anticipato, sono necessari alcuni brani di “riscaldamento”, in ogni caso di buonissimo livello, per esprimere compiutamente le virtù del disco, ed ecco che alla tesa cupezza della bella “Violet” risponde una notturna e decadente “Magnolia”, leggermente meno efficace nonostante un crescendo ed un refrain dalla rilevante attrattiva.
Ancora il tempo di un paio di discrete ballate dal gusto seventies intitolate “Gotica e lunatica” e “L’aquilone” (bello il tappeto di Hammond!), per prepararsi adeguatamente al primo pezzo veramente appassionante del Cd: “Il male” irrompe nei sensi con il suo notevole pathos, fatto di fraseggi vagamente a-la RHCP e di una linea armonica liquida e generosa mutuata nuovamente dalla lezione dei mitici ’70, ma implementata con una passionalità finalmente inattaccabile.
Da qui in avanti i Desidia sembrano non volersi “fermare” più, quasi avessero svelato il segreto che distingue le buone canzoni da quelle di classe superiore.
La title-track conquista attraverso le sue strutture orchestrali e un pianoforte intimo, che si muovono malinconici sul sopraggiungere di sagge pulsazioni di basso e di una leggera ritmica sintetica, un attimo prima che una vellutata atmosfera jazzata arrivi a suggellare il delicato momento.
Con “Libera il tuo re” si torna a schemi espressivi maggiormente energici, pur mantenendo inquietudini e sensibilità, “Strega” entra sotto la pelle lambendo, nella semplicità di una voce e di una chitarra acustica, le situazioni più riflessive del prog italico e “Nudacrudele” intreccia i Police ai Rolling Stones con tutta la personalità e l’inventiva di cui dispone quest’interessantissimo quartetto.
Proprio così, i Desidia meritano grande attenzione perché sono un gruppo tecnicamente valido in tutti gli effettivi, ricco d’idee e di “coscienza” artistica, quella stessa che gli permette di attingere dai classici senza tentarne un’improduttiva replica e, pur con qualche minima leziosaggine e piccole imprecisioni tipiche di una, comunque pregevole, autoproduzione, “L’imperfezione” rappresenta assai bene queste sue qualità, per di più probabilmente non ancora espresse in modo completo.
Per raggiungere la “perfezione” suprema, c’è tutto il tempo … se poi ci fosse qualche discografico “illuminato” disposto a contribuire all’accelerazione di tale processo, beh, non potremo che esserne molto soddisfatti.
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