Gli
House of Lords del Mark II, quelli senza Gregg Giuffria e con il timone affidato alla salda guida di James Christian, sono ormai giunti al quarto disco in studio. Dopo l'interlocutorio “The power and the myth”, i successivi “World upside down” e “Come to my kingdom” avevano messo le cose a posto, offrendo ai fan massicce dosi di hard rock pomposo e solenne, giusto per chiarire che anche senza il buon Gregg a pigiare sui tasti d'avorio, la magia non se ne era per nulla andata. “Cartesian Dreams” prova a tenere vivo l'incantesimo, e possiamo tranquillamente affermare che è riuscito nel suo intento senza troppi problemi. Questa band ha ormai accumulato ben più esperienza ora che nella sua precedente incarnazione, e ormai sa sfornare ottime canzoni quasi con noncuranza. Già, perché sin dall'inizio, con quella title track cadenzata ed epica come non mai, con quel ritornello che tanto per cambiare non ti esce più dalla testa, gli House of Lords dimostrano di essere tornati alla grande, ma anche di non voler rischiare una virgola del capitale investito fin qui. “Born to be my baby” privilegia di più il lato “tamarro” del loro sound e ancora una volta sfodera un refrain ruffiano e indimenticabile. Con “Desert rain” invece si torna sui terreni pomp amati dai fan, per una canzone polemicamente ispirata alla presenza americana in Iraq, nella quale l'ugola di James Christian fa veramente tutto quello che vuole. Non potevano mancare le ballate, e allora ecco “Sweet September”, romantica e delicata al punto giusto, anche se francamente meno entusiasmante di altri episodi del passato. Con “Bangin” si ritorna all'anthem da stadio, un'altra killer track che dal vivo funzionerà a meraviglia! Interessante la semi ballad. “A simple plan”, è una gradevolissima semi ballad, mentre “Never look back” appare niente più che un mero esercizio di stile. “The bigger they come” è invece per quanto mi riguarda il pezzo migliore di questo album: una cavalcata irresistibile, con una melodia vocale da brividi, tra le migliori mai composte da Christian. Peccato solo che i motivi per gioire finiscano qui: “Repo man” (impreziosita da una voce femminile che ha tutta l'aria di essere quella della moglie del singer) e “Saved by rock” sono due tracce interessanti, ma certo non imprescindibili. Chiude il tutto la bonus “The train”, una ballad molto sentita che però nulla aggiunge a quanto ascoltato finora.
In definitiva, “Cartesian Dreams” è un ottimo disco, ben confezionato e prodotto, che conferma una volta di più come gli House of Lords abbiano tutte le intenzioni di proseguire imperterriti e di aggiungere numerosi tasselli ancora alla loro discografia. Solo, dopo due lavori della caratura dei precedenti, battere sullo stesso identico tasto avrebbe potuto risultare pericoloso. Infatti, qualche brano meno riuscito degli altri ha per forza di cosa abbassato il livello di un album che comunque tutti gli appassionati di queste sonorità non esiteranno a trovare magnifico. In futuro però, qualche piccolo aggiustamento di tiro non farà male. Nel frattempo, godiamoceli dal vivo questo autunno...
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