Mi avvicino al nuovo disco dei
Fair Warning con un misto d’eccitazione e ansia, sensazioni che mi accompagnano da sempre quando in ballo c’è uno dei miei tanti “eroi” personali. In questi casi l’eventuale amarezza per un lavoro incapace di ricreare quella “magia emotiva” che li hanno resi tali sarebbe sicuramente “devastante”, rendendo poi davvero difficile l’analisi meditata e “professionale” di una cocente delusione.
Devo ringraziare di cuore i “ragazzi” tedeschi, perché mi tolgono da tali ambasce e mi consentono di descrivere con serenità il loro sesto album, dando libero sfogo a quell’entusiasmo che ancora una volta mi pervade quando ascolto la loro arte trasformata in note.
Sono sufficienti pochi istanti di “Fighting for your love”, per rendersi conto che “Aura” è un altro formidabile tassello della loro praticamente impeccabile discografia, capace di catapultarli di diritto nell’Olimpo dei Grandi dell’AOR e dell’hard melodico internazionale.
La classe che trasuda da questi solchi digitali è, come ormai splendida consuetudine, semplicemente inarrestabile, il modo di trattare tonnellate di melodia senza scadere nelle convenzionalità di tanti prodotti analoghi, è intatto, così come vengono evitate melensaggini e le emozioni trasmesse appaiono vere e vitali, prive di simulazioni o del ricorso a quel “mestiere” che dopo una carriera poco meno che ventennale potrebbe quasi apparire legittimato.
Carezze e zampate si alternano e s’intrecciano in una dissertazione musicale avvincente e intensa, frutto delle scintillanti virtù di una formazione che sa trattare la “tradizione” di certi suoni con un carisma e una naturalezza davvero impressionanti e rari, anche in questi tempi d’abbondanza e buona salute del genere di riferimento.
I meriti di tale risultante devono ovviamente essere, come accade nelle migliori “famiglie” musicali, equamente suddivisi tra tutti i membri dell’inossidabile team, equilibrati, preparati e affiatati in maniera assoluta, ma è altrettanto evidente che in tanta armonia avere in squadra una voce straordinaria come quella di Tommy Heart, impeccabile per estensione, duttilità e interpretazione, appare un’altra volta l’arma in più dei quattro di Hannover.
Dopo l’appassionante opener, da valutare un po’ la chiave di lettura dell’intero albo con il suo brillante andamento dinamico ed avvolgente, un ritornello da “magnifica ossessione” e un solo da brividi, il platter prosegue nella sua opera di conquista dei sensi senza pause o momenti interlocutori, e la citazione di “Here comes the heartache”, dei toccanti e malinconici slow “Hey girl” e “Falling”, della rock-eggiante “Don’t count on me”, dell’invincibile urgenza di “Walking on smiles” e della suggestiva delizia denominata “As snow white found out”, devono essere considerate esclusivamente come la punta di un iceberg di soddisfazione nei sensi di un appassionato che, vista l’opulenza a disposizione, già alla fine dell’audizione seguente potrebbe aver cambiato le sue selezioni e al termine del disco si ritrova a “pentirsi” (pur ben sapendo che alla prossima occasione, inevitabilmente quel pizzico di subdolo
timore tornerà a farsi sentire…) di aver dubitato anche solo per un attimo della magnificenza e della illuminata coerenza di una delle massime espressioni di settore.
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