Ohh, come mi piacciono queste cose. Sono istintivamente affascinato dai recuperi “storici” e se l’oggetto di tale operazione è il lavoro di un gruppo “oscuro” e misconosciuto, dedito al rock melodico, una delle grandi passioni della mia esistenza, beh, la questione acquista addirittura ulteriore interesse. Questo “Ron Bolton Band” è, infatti, l’unica testimonianza che l’omonima formazione californiana, innamorata di AOR, pomp e pop / west-coast rock, diede alle stampe nel lontano 1983 e che oggi grazie all’intercessione di un’appassionata etichetta e di un attento distributore, riesce ad emergere dalle nebbie del tempo e a conquistare i “favori” della cronaca.
Il gruppo era sicuramente abbastanza capace per tecnica, vocazione e proprietà compositive, e il contenuto di quest’albo lo dimostra piuttosto efficacemente, offrendo all’ascoltatore appassionato delle vicende artistiche di Toto, Stingray, Loverboy, American Tears, Franke & The Knockouts e Le Roux, più di un motivo d’interesse.
Ascoltare “Ron Bolton Band” equivale a fare un tuffo delle atmosfere “radiofoniche” del rock degli eighties, ritrovando atmosfere cristalline, melodie vivaci e levigate innervate da sagge dosi di vigoria, ma prima d’inoltrarci nei suoi temi specifici è necessario avvertire gli AOR-sters all’ascolto, verosimilmente già ingolositi da tale descrizione: qui tutto “suona” anni ’80, compresa la registrazione che per di più non è quella di una delle grandi produzioni dell’epoca, ma quella di un platter autoprodotto, distribuito personalmente dalla band durante i suoi concerti o tramite i negozi della locale Tower Records.
Nel caso in cui non consideriate la resa sonora (non esplosiva, ma in ogni caso dignitosa, è bene precisarlo) come un attributo basilare per poter apprezzare un prodotto musicale o, magari, da veri “puristi”, ritenete addirittura che una rimasterizzazione troppo invasiva finisca per snaturare lo “spirito originale” di un’opera di questo tipo, affidatevi con tranquillità a quanto il buon Ron e i suoi pards hanno saputo fare qualche anno fa e godetevi con gusto la buona qualità complessiva di un programma che ha nelle frizzanti “Maybe I’m dreamin’” e “We’re gonna make it”, nel pop-rock vellutato e notturno di “Friends”, nelle magniloquenti note di “21” e “Play your game tonight”, e nella Toto meets Aldo Nova “Livin’ on the line”, i suoi momenti migliori.
Non imperdibile e tuttavia abbastanza “sfiziosa”, questa “vintage relic” documenta la ricchezza di un periodo storico davvero “glorioso” per questi suoni e offre una piccola possibilità di riscatto ad una band dimenticata forse un po’ troppo frettolosamente.
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