La storia (vera) è di per sè avvincente. Una spedizione che si prefiggeva l’attraversamento del continente antartico, comandata da un esperto e titolato esploratore britannico, diventa, ad un solo giorno di navigazione dalla meta, una tragica questione di sopravvivenza, con la nave (denominata Endurance) imprigionata e stritolata dal pack, e un conseguente audace viaggio di ritorno, effettuato con i pochi mezzi a disposizione: i battelli di salvataggio e il coraggio e la determinazione di un capitano che, seppur sconfitto dalla natura nel suo intento di “conquista”, vince la sfida più importante, riportando in salvo tutti i membri del suo equipaggio.
L’eroe della situazione è Ernest Henry Shackleton, ed è alla sua leggendaria impresa che è dedicato il nuovo (all’attivo altri tre full-length, “Eureka” del 1997, “The Full Circle” del 2002 e “The compass rose” del 2005) disco degli
Eureka, la creatura di Frank Bossert, multi-strumentista e compositore tedesco.
“Shackleton’s voyage” è un’opera particolare, una sorta di colonna sonora prettamente musicale per un film le cui riprese si svolgono in contemporanea alla sua fruizione direttamente nell’immaginazione dell’ascoltatore, il quale si trova a veder materializzati, grazie anche all’ausilio di brevi parti recitate (dall’attore inglese Ian Dickinson), i momenti più importanti di questa suggestiva avventura dal felice epilogo.
Gli strumenti suonati dallo stesso Bossert e dai suoi ospiti (Troy Donockley già collaboratore di IONA, Status Quo, Del Amitri, Mostly Autumn e Nightwish, e Yogi Lang degli RPWL) diventano pennelli intinti in una vernice colorata di vaporoso prog sinfonico e di reminiscenze celtiche, attraverso la quale vengono delineati nella nostra mente i paesaggi sterminati e glaciali dell’emozionante vicenda, sottolineando i vari stati d’animo e le dinamiche del racconto con grand’efficacia e intensità.
La presenza di tre pezzi cantati, poi, anche grazie alla pregevole interpretazione di Billy Sherwood, (noto per la militanza in Yes, Conspiracy e World Trade, presente in “The challenge” e “Going home”) e di Kalema (presente in “Will you ever return?”) contribuiscono a rendere ancora più affascinante il quadro complessivo, facendolo diventare maggiormente fruibile anche per i meno avvezzi alla musica esclusivamente strumentale, senza interrompere il flusso emozionale creato dalle preziose architetture armoniche.
“Shackleton’s voyage” è un Cd obiettivamente bello, ispirato e affascinante, da consigliare a chi ama il prog-rock più immaginifico e riflessivo, e a chi ha apprezzato i capolavori di Mike Oldfield o adorato il misconosciuto (e splendido!) “K2 - Tales of triumph and tragedy” di Don Airey (le affinità tra i due dischi sono piuttosto evidenti).
Speriamo che la sua “singolare” natura non concorra a farlo “scomparire” nella febbrile e incessante marea d’uscite che contraddistinguono il mercato discografico odierno.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?