Il ritorno dei
Gorgoroth. Aprire una recensione con una frase simile dovrebbe fare capire a tutti come posso pensarla su tutta la vicenda giudiziaria con annesse sentenze e conseguenze. Forse ci voleva un tribunale per riportare la band di Infernus su delle coordinate stilistiche che possono risultare retrò ma che mettono pure sotto gli occhi di tutti quali siano le differenze nel concepire il Black Metal tra chi è rimesto e chi (per fortuna) se ne è dovuto andare. Il salto nel passato si manifesta in canzoni scarne e dalla struttura minimale, disegnate da mani gelide e sapienti. La violenza a tutti i costi viene messa in secondo piano per fare spazio a dei tempi più controllati, pregni però di quell'odore tipico di album come Pentagram e Antichrist, genuini fino al midollo. Onestamente in un disco come
Quantos Possunt Ad Satanitatem Trahunt avrei preferito una produzione più sporca e meno attenta al dettaglio, ma alla lunga questo non è un demerito perchè il potenziale di brani come Prayer, Rebirth, Aneuthanasia e New Breed esplode senza difficoltà. La migliore definizione possibile, che tenga merito di fattori non soltanto puramente musicali, quindi anche concettuali/culturali, è quella di Black Metal. Puro e incontaminato. E' assurdo anche sostenere che con questo nuovo capitolo i Gorgoroth possano cambiare le sorti di un genere musicale, ma almeno si è andato a rimettere ordine in un gruppo che stava per trasformarsi in un orrido baraccone da gossip. La "nuova" formazione comprende anche il ritorno dietro al microfono di Pest, un fatto che la dice lunga su molte intenzioni, stilistiche soprattutto.
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