Per il loro secondo album i salentini
Muffx si sono affidati alla produzione di Max Ear, batterista dei noti Ojm, mentre la masterizzazione è stata effettuata da Kim Rosen a New York. Un soffio di profumo internazionale, per un lavoro che effettivamente unisce il respiro arioso ed assolato del desert-rock a stelle e strisce con un feeling latineggiante, che parte dal Salento ed arriva fino in Messico.
Una serie di rock-songs ben curate ed intelligenti, mix di forza ed eleganza, atmosfere oblique e pigramente psichedeliche insieme a ritmiche bandistiche e popolari.
Stile sfuggente quello dei Muffx, poco catalogabile, e questo è merito dell’ottima vena compositiva del gruppo. Possiamo trovare qualche analogia col tiro geometrico e spigoloso di QotSA, Mondo Generator, Masters of Reality, oppure, senza andare troppo lontano, con le contaminazioni rock dei connazionali Zippo (vedi “That’s life”).
Nel disco c’è soprattutto una rilettura personalizzata di varie sfaccettature musicali. Momenti di sano rock ruspante (“Voices, The deserter”), spazi folk - acustici, la solarità amara di certe melodie tradizionali del sud Italia, ed ancora linee vocali che sfiorano il pop adulto insieme ad un corposo omaggio alla psichedelia onirica (“1480 invasion”).
Perfino troppi spunti per avere un amalgama compatto e coerente, ma anche sotto questo aspetto i Muffx ottengono un buon risultato.
Questa è formazione che, se avrà occasioni, potrà soltanto crescere. Da consigliare agli amanti del rock alternativo maturo, originale e di buon gusto.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?