Altro ottimo lavoro di psichedelia rock in arrivo dall’Inghilterra, dove il particolare filone sembra godere di un certo fermento underground.
I
Litmus sono al loro terzo album, secondo per la Rise Above dopo “Planetfall” del 2007, e già nell’iniziale “Beyond the sun” chiariscono i propri intenti musicali. Un brano come una gigantesca supernova space-rock, che sprigiona furiose scariche elettro-magnetiche e ipnotizzanti bagliori psycho-prog. Dieci minuti di totale immersione in un impressionante vortice heavy, di indubbia qualità.
Che poi il gruppo si ispiri apertamente agli Hawkwind non è un mistero, basti ascoltare monumentali mantra lisergici come “Eos” o “Kings of infinite space”, strutture libere ed aperte a mirabili cascate di mellotron, atmosfere sci-fi punk, ritmiche martellanti e nirvanici drone vocali. Ma è innegabile che il gruppo britannico si sia sforzato di attualizzare la formula, sfrondandola ad esempio di certi eccessi cerebro-visionari tipici degli anni ’70. C’è decisamente più robustezza ed aggressività nelle loro trame nervose e pulsanti, un atteggiamento molto heavy nell’intreccio di travolgenti fughe chitarristiche e tappeti di tastiere “siderali”.
L’astronave Litmus, lanciata nei suoi trip cosmici, sorprende per l’incalzare di certe accelerazioni, soddisfa nella flessuosità dei momenti progressivi, in qualche coralità che ricorda i primi Gentle Giant, e rinnova tutta la maestosità e la magia del miglior rock votato alle stelle.
Inevitabile il confronto con i labelmates Astra, rivelazione dell’annata, oppure con gente come Black Mountain, Witchcraft, Circulus, ecc. La proposta dei londinesi è leggermente meno autonoma, ma freschezza ed energia fanno del loro disco una piccola gemma psych-rock sospesa tra passato, presente e futuro. Per gli appassionati, altro titolo da procurarsi senza indugio.
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