Sono un po’ perplesso. O forse sarebbe meglio dire combattuto, strenuamente combattuto.
Avevo accolto con grande entusiasmo, a differenza di qualche loro “storico” sostenitore, il “nuovo” approccio dei redivivi
Winger, che con “IV” avevano cercato di progredire ulteriormente nel loro percorso artistico, sacrificando un pizzico dell’antica “spensieratezza” (per quanto illuminata) sull’altare di un atteggiamento maggiormente profondo e intenso, ancora una volta incurante dalle pastoie del “mercato” e libero di manifestare tutta la sua raggiunta maturità.
Senza perdere di vista i caratteristici tratti peculiari della band, quel disco manifestava tutta la sua “prepotenza” emozionale proprio per il suo essere
raffinatamente e
modernamente retrospettivo e anche se per una sua completa comprensione era richiesta una fruizione sicuramente più attenta e concentrata della media dei suoi competitori, esso aveva finito per conquistarmi irrimediabilmente, tanto da indurmi ad attendere con trepidazione il passo successivo di tale processo evolutivo.
Con la pubblicazione di “Karma”, arriva finalmente il tempo di placare questa smania, ma è inutile nascondere una
tenue delusione: nessun tipo di
step forward, e nemmeno il sostanziale consolidamento delle
convinzioni acquisite nel 2006, anzi probabilmente addirittura un piccolo passo indietro, tanto che il disco appare una sorta di riproposizione dei temi sviluppati dalla band fino a “Pull”,
quasi come se le tensioni di “IV” non si fossero mai materializzate o più precisamente le si volesse scacciare dalla memoria, magari non riuscendoci in modo integrale.
Ritorna l’irruenza, l’enfasi, un approccio frontale e diretto che mescola umori scuri e pesanti al fascino “catalizzante” ed esuberante dell’hard cromato di scuola yankee, non disdegnando altresì di temperare la miscela con moderate dosi di passione e sentimento, un’altra delle famose specialità di casa Winger.
Ed ecco giunto il momento di spiegare perché poco fa ho voluto evidenziare con un aggettivo la misura del mio disappunto: il Cd è
comunque molto piacevole, prodigo com’è di splendide chitarre, cori dirompenti, fugaci barlumi prog, linee vocali e melodiche piuttosto variopinte e coinvolgenti che sanno flirtare ad arte con la “cultura del presente” e lo fanno con la raffinatezza e la classe di una formazione incredibilmente preparata dal punto di vista tecnico e sempre alquanto ispirata nelle formulazioni espressive che sceglie di adottare.
L’esito dell’anticipato “conflitto” interno che il sottoscritto è stato costretto a fronteggiare, è, alla fine, sintetizzabile in questi termini: “Karma” è un eccellente prodotto, degno della “storia” dei Winger e in grado di concorrere per un posto di rilievo nelle graduatorie di settore, ma, almeno dal mio punto di vista, esso insinua anche la sensazione latente di una non totale spontaneità, di una limitazione nella voglia di “progresso”, forse per assecondare le richieste dei fans più “rigorosi”, che si realizza attraverso il ricorso a quel velo di “formalismo” plausibilmente identificabile come una delle cause primarie della sua mancata (per un soffio!) compiutezza.