Ce la stanno mettendo proprio tutta i
Last Rites per uscire dall'anonimato dell'underground, e gli va dato onore per la loro perseveranza nel continuare un discorso musicale che va avanti addirittura dal 1997. Il genere che propongono ha subito per forza di cose nel tempo delle modifiche, ma rimane ben ancorato in quel Thrash/Death Metal basato su tempi medi, e su dei riff di chitarra rocciosi. La loro esperienza maturata nel corso degli anni si può intuire immediatamente dopo l'ascolto delle prime canzoni, forse le migliori del lotto, oltre che quelle che più rappresentative del loro nome. Ci sono molti riferimenti alla scuola americana, e questo non dovrebbe stupirvi, ma è pur vero che dentro
Future World emerge una certa personalità nel saper dosare tutti gli ingredienti, dalle ritmiche più sostenute alle linee melodiche maggiormente orecchiabili. Rimane soltanto il dispiacere che un gruppo simile, che impiega così tanta devozione in quello che suona, non riesca ancora a trovare un degno straccio di contratto con un'etichetta, esattamente quando molta merda si deposita negli scaffali dei negozi musicali. Chi l'ha dura l'ha vinta.
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