Copertina 5,5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2009
Durata:non disponibile
Etichetta:Autoprodotto

Tracklist

  1. INTRO - BIRTH
  2. THE WAY YOU SHOW
  3. THE TRUTH I KNEW WITHIN
  4. DISCLAIMED SON
  5. BROKEN BLOOD TIES
  6. LAST VANISHING HOPES
  7. REQUIEM FOR A MOTHER
  8. KISSING MADNESS EYES
  9. THE DEMON INSIDE THE SHEPHERD
  10. THE SUNSET BEYOND MY EYES
  11. ONE LAST SILENCE
  12. REQUIEM FOR A SON
  13. DONA EIS REQUIEM

Line up

  • Dario Lastrucci: vocals
  • Andrea Dell'Olio: drums
  • Leonardo Galteri: guitars
  • Luca Cadonici: guitars
  • Cesare Del Pasqua: bass
  • Tommaso Corsi: keyboards
  • Giulio Borgioli: piano, keyboards

Voto medio utenti

Progetto oltremodo ambizioso, quello dei fiorentini Sextum Sepulcrum, che si imbattono in una lunga trilogia su una storia vagamente fantasy, da loro stessi scritta, che diventa così la base portante di una trama lunga e molto articolata. Il primo capitolo della suddetta trilogia, "Dona eis Requiem", è proprio il cd autoprodotto che ci troviamo tra le mani, che è frutto interamente di Dario Lastrucci e Andrea Dell'Olio, che in studio si sono occupati di suonare e produrre tutto a quattro mani, pur avvalendosi, in sede live, di una nutrita line-up.

Il prodotto si colloca nella fascia power/sinfonica, molto cara ai Rhapsody, ma con un accento molto più marcato verso la componente metal, ed un taglio decisamente più aggressivo, seppur non manchino, nel lungo cd, momenti ariosi e più colorati.

Ciò nonostante, non nego di aver trovato il prodotto fin troppo prolisso, non esattamente ispirato in molte delle sue lunghe parti, un pò poco curato per quanto riguarda le linee vocali, nonostante la versatile voce del bravo Dario. Un cd, insomma, che fai molta fatica a seguire, ascoltare per intero, gustare e memorizzare in alcuni passaggi, schiacciato da un progetto concettuale tanto ambizioso da risultare, a volte, fin troppo grande da gestire con disinvoltura.

La produzione lascia un pelo a desiderare, complici suoni non proprio eccelsi, soprattutto nelle chitarre, tagliate e 'zanzarate' come solo nei begli anni 90 succedeva, e si incappa fin troppo presto nella noia, nell'ascoltare un prodotto talmente pesante e lungo da lasciarti addosso quasi una fatica fisica, che non nascondo di aver accusato alla fine dei 18 minuti della finale title-track, divisa peraltro in 6 movimenti.

Troverete di tutto, dentro questo primo capitolo: dalle vocals altissime in falsetto, ai growls, dalle sfuriate in doppia cassa a toccanti momenti al pianoforte, ma continuerà forte a restarvi nelle orecchie la sensazione di una band un filo troppo alle prime armi, che poco dedica alla "confezione" e che tende un pò troppo a strafare, più per voglia di apparire che per naturale bisogno di esistere.

Che dire, in conclusione? Un disco acerbo costruito su un concept intricato e di difficile digeribilità, un lavoro che avrebbe avuto bisogno di un produttore esterno, forse, in grado di percepire un minimo di bilanciamento in più nella struttura di questo Opus I. Li attendiamo al secondo capitolo, speriamo in meglio,
Recensione a cura di Pippo ′Sbranf′ Marino

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