La Francia non è mai stata una terra particolarmente illuminata per quello che riguarda la scena metal estrema. I gruppi veramente meritevoli si possono contare sulle dita di una mano ed in ogni caso non sono mai riusciti ad andare oltre ad uno status di cult band, un nome da esibire quando si tratta di fare sfoggio di cultura musicale per darsi una certa aria da esperto e conoscitore del movimento death europeo. La stragrande maggioranza delle uscite transalpine si attestano su livelli di media sufficienza, con la rielaborazione di vecchie e nuove sonorità, con molto mestiere e con scarsa originalità. I Dungortheb non sfuggono a questa catalogazione: il loro debut album "Intended to…" infatti trae la sua linfa vitale e si abbevera dalle sorgenti del ben più noto masterpiece "Human" dei Death, seppur risultando esserne nient'altro che una copia sbiadita. E' facile quindi indovinare quale sia il sound che permea le 8 composizioni presenti sul disco, con numerosi passaggi in doppia cassa che si alternano a momenti più veloci e a break improvvisi dove la chitarra di Jean-Mark Werly si impegna strenuamente per dar vita ad assoli tecnicamente ineccepibili e di buon gusto, mentre la vera pecca del disco va ricercata nella scadente performance vocale di Gregory Valentine, anonima, scialba e poco incisiva. Se a ciò si aggiunge una produzione appena sopra la sufficienza per qualità di suoni e la già citata scarsità di idee veramente originali, otteniamo un disco che nonostante presenti dei pezzi piacevoli - le conclusive "The Only rest" e "Illusion" fanno comunque sbatacchiare la testa - non riesce ad elevarsi al di sopra di una risicata sufficienza. Solo per chi è abituato a collezionare veramente di tutto.
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