I termini dell’equazione appaiono abbastanza semplici.
Adoro la tradizione dell’hard-blues torrido e viscerale, ritengo altrettanto appassionante la scuola melodica del rock duro mitteleuropeo e sono un grandissimo estimatore delle voci estese, cristalline, duttili e passionali.
E’ un risultato quasi inevitabile, dunque, apprezzare il lavoro di una band come i
Soul Doctor, che coagula nella sua stessa essenza tutte queste componenti.
Il fatto è che qui la matematica centra abbastanza poco, e il semplice “apprezzamento” non è sufficiente per spiegare il
sentimento che nutro per questa favolosa formazione tedesca.
Diciamo che fin dal loro folgorante esordio, il sottoscritto è rimasto praticamente “stregato” dalla medicina somministrata da questo efficace Dottore (e non è agevole trovarne, soprattutto nella vita di tutti i giorni, dove ce ne sarebbe molto bisogno!) capace, inoltre, di affinare i dettagli della sua terapia nel corso degli anni, arrivando a concepire con questo ”Way back to the bone”, una procedura officinale in sostanza infallibile, incredibilmente benefica per chi è affetto dalla necessità continua di appagare i propri sensi con dell’ottima musica.
Ebbene il buon Ippocrate sarebbe fiero di come questo medico dell’anima ha messo in pratica i suoi insegnamenti: il
tocco di melodie che lusingano e rasserenano lo spirito, la carica latente ed espressa di un’elettricità “antica” che alimenta la percezione del fisico e rappresenta un bel
rimedio alle tensioni del quotidiano e la capacità interpretativa di una laringe che attraverso la
parola, anche oltre il suo specifico significato (non ho approfondito i testi, ma immagino trattino temi abbastanza consueti per il genere), vibra con una classe immensa e contribuisce fattivamente al benessere generale dell’ascoltatore appassionato.
Continuando in questa facile similitudine, che ha scomodato perfino, parafrasandoli, i tre precetti terapeutici fondamentali suggeriti dal padre della medicina, e arrivando a una definizione più moderna e trendy, possiamo affermare che i nostri sono degli autentici
caregiver, in grado di soddisfare come non mai (addirittura in una maniera forse pure leggermente superiore al pur eccellente “Blood runs cold” e con una forma di raffinatezza che può ricordare proprio il summenzionato esordio) i bisogni complessivi dei tanti “malati” di hard rock melodico, affiancando ad una notevole padronanza degli strumenti del mestiere (sentite il fuoco che si propaga dalla chitarra di Chris Lyne!), un’importante coscienza delle radici, una freschezza e una sensibilità rare e irrorando il tutto con copiose dosi di feeling istintivo.
Chi ha letto le mie dissertazioni sull’ultimo Fair Warning e sui precedenti degli stessi Soul Doctor, dovrebbe già conoscere come giudico la conduzione vocale di Tommy Heart e, dopo averlo incensato “anonimamente” anche nelle righe precedenti, non aggiungerò altro sulla sua ennesima prestazione priva di sbavature al servizio di un songwriting maturo e incisivo, coerente alle consuete matrici ispirative della band (Bad Company, AC/DC, Whitesnake, Foreigner, Led Zeppelin, Scorpions anni ‘80, ehm, talvolta un pizzico di Bon Jovi …), ma ancora una volta ben lontano dallo sfruttamento di un comodo stereotipo.
Ed eccoci alfine a qualche notazione sui contenuti specifici, che alternano groove ed elegante energia (le vivide nuances Zeppeliniane di “First man on the moon”, le vibranti “Lightning and thunder”, “Love crashed down (boom down!)” e "Take it while it's hot”) ad un galvanizzante impeto “adulto” (“Can't stand losing”, "Heartache heartbreak” e "Coming home”), che si arricchisce di autentici sussulti emozionali ("Here comes the night”), di pomposa nostalgia (“Times of yesterday”) e di spigliatezze sixties (“Welcome to the party”), per un disco da premiare con una fruizione smodata senza incorrere in rischi di dannoso sovradosaggio.
Qualcosa di molto simile al puro
entusiasmo, tornando allo incipit di questa recensione, questa potrebbe essere una definizione più appropriata alla sensazione da me provata nei confronti dell’arte dei Soul Doctor, promotori di una cura che dà dipendenza e che fino ad ora non ha sostanzialmente mai ridotto i suoi balsamici effetti.