Suonano un
horror-punk-metal ampiamente debitore nei confronti di Misfits, Alice Cooper, Kiss e Black Sabbath (la loro mitica “Children of the grave” è riletta con bravura in coda al Cd, sotto forma di ghost-track), nei loro concerti si presentano mascherati come una delirante commistione di GWAR, Lordi e Slipknot e hanno dei pittoreschi nicknames a “tema”.
Nulla di particolarmente sconvolgente, eppure questi simpatici
Grave Robber, capitanati dal Danzig-iano vocalist (o sarebbe meglio dire,
vokiller, parafrasando il modo in cui come descrivono i singoli compiti esecutivi!) Wretched, offrono motivi di notevole interesse.
Prima di tutto, perché sono estremamente divertenti e coinvolgenti, sanno scrivere con dovizia pezzi piuttosto “semplici” e, come anticipato, parecchio derivativi, ma costantemente ficcanti ed incisivi, rendendo il clima generale una piacevole celebrazione di tutti i cliché di “genere”, proprio come accade in quei
filmetti dell’orrore (o di fantascienza) di cui si conoscono perfettamente i “limiti narrativi” e che nonostante ciò ci si ritrova a guardare sempre con gran diletto.
E poi anche perché, sebbene forse questo aspetto può essere
quasi considerato
secondario, almeno per chi non è madrelingua inglese, i testi dei quattro americani utilizzano allegorie orrifiche per veicolare tematiche care alla religione cristiana (con tanto di riferimenti biblici!), mantenendo comunque un atteggiamento caustico e sagace ben lontano dalla sterile citazione di passi evangelici e dall’ordinaria predica ecclesiale.
Di sicuro si tratta di una particolarità non così comune (che non so neanche quanto possa essere apprezzata!), la quale dimostra come la prova dei Grave Robber non sia, perlomeno nelle loro intenzioni, esclusivamente indirizzata a soluzioni ricreative, ma che siate credenti oppure no, che vogliate approfondire la questione o limitarvi ad una fruizione “superficiale” del suo contenuto, “Inner sanctum” è in grado di farvi trascorrere in tenebrosa letizia poco più di mezz’ora della Vs. esistenza.
E notate che anche la durata “ridotta” (rispetto agli standard attuali, tra l’altro non sempre giustificati da reali esigenze artistiche!) del disco, oltre che abbastanza “tipica” del genere, appare, assolutamente adeguata, non arrivando ad annoiare nemmeno l’ascoltatore che rilevi come deleteria la fatale ripetitività delle architetture musicali.
Scuotete il capoccione al ritmo rock ‘n’ roll-thrashoso di “Detonation A.D.” e “Shadows” (bello il break centrale), canticchiate i refrain contagiosi di “Altered states” e “Fear no evil”, magari dopo una giornata stressante e sono certo che Vi sentirete immediatamente meglio.
Se la cura ancora non fosse sufficiente, consiglierei di lasciarsi gremire dall’irresistibile macabre-punk-core anthem “I'm possessed”, affidarsi alle atmosfere
pateticamente fifties di “Tell tale heart”o di lasciarsi “atterrire” dal clima grottescamente pauroso di “The night has eyes”, ne trarrete indubbio giovamento.
Per i più “depressi” e logorati rimane ancora “Valley of dry bones”, un gioiellino di caliginoso hard-punk (i Ramones a tratti sono davvero molto vicini!) traente, accattivante ed energico, mentre le buone “Men in black” e “I spit on your grave”, contribuiscono alla terapia sfruttando con un pizzico di minore efficacia e cadenze moderatamente accelerate le medesime prerogative espressive.
Alla resa dei conti, quella dei Grave Robber è una pantomima clownesca a sfondo funereo dal punto di vista musicale non esattamente originale e tuttavia piuttosto ben fatta, e grattando sotto il primo strato di terra (tanto per rimanere in argomento!) si può pure trovare pure qualche frammento di un messaggio più profondo … a me lo show nel suo complesso non è per nulla dispiaciuto.
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