Nati sei anni fa con […]
l’intenzione di fare un po’ di caos nella quotidianità del Sarrabus, la zona sulla costa sudorientale della Sardegna dalla quale provengono. […] e oggi mossi dall’aspirazione […]
di poter continuare a produrre, suonare e diffondere la propria musica a quante più persone possibile […] (cfr. la bio allegata), i
Tuned giungono al primo full-length autoprodotto dopo un paio di dischetti dimostrativi, e si presentano come un’altra formazione dedita ad un rock alternativo cantato in italiano fortemente influenzato dal grunge e da bagliori di new-metal.
Incuranti dell’affollamento che caratterizza il genere, il quale di sicuro rende ancora più ardua l’emersione dal marasma dell’underground musicale italico, i quattro isolani mettono sicuramente molta passione in quello che fanno, ma purtroppo, a mio modo di vedere, le loro “Visioni in dissolvenza” appaiono ancora un po’ troppo acerbe per “combattere ad armi pari” con i molti concorrenti di “settore”, con i quali i nostri devono necessariamente misurarsi per il raggiungimento di una superiore visibilità discografica.
Intendiamoci, i Tuned hanno buoni numeri, conoscono la materia, sanno scrivere canzoni discrete alimentandole con testi abbastanza interessanti o comunque non eccessivamente scontati e tuttavia nella loro performance ci sono pure imperfezioni sufficientemente evidenti da limitare l’efficacia complessiva di un prodotto che, lo ripeto, dovrebbe invece essere attrezzato per affrontare una competizione veramente popolata e spietata.
Analizzandole nel dettaglio, diciamo, innanzi tutto, che non mi hanno convinto del tutto le strutture vocali, non tanto per il timbro di Mauro Canu, anche piuttosto gradevole nella sua “classica” tonalità, ma perché difettano spesso di consistenza espressiva e a volte sembrano altresì perdere la necessaria precisione armonica, in particolare nella costruzione delle sezioni corali (in “Inutile”, per esempio).
I brani, poi, sebbene, come anticipato, nell'insieme assolutamente dignitosi, mancano di frequente di quei guizzi risolutivi che sono in grado di fare la differenza finanche in un ambiente così codificato, di quei sussulti che riescono ad illuminarti il cuore e i sensi in maniera sostanziale, una situazione cui contribuisce, probabilmente, anche una coesione sonora (quasi fatalmente, trattandosi di una, seppur assai onorevole, produzione “artigianale”) da perfezionare.
Insomma, c’è ancora qualcosa da
mettere a punto, ed è mia opinione che per procedere in tale attività si potrebbe partire dalla nevrotica volubilità di “Crimine doloso”, dalla tensione melodica a presa istantanea di “Vetro”, dall’impatto “Io non mi discuto”, mirando decisamente ai livelli raggiunti da “All'ombra del mio credo”, il pezzo indiscutibilmente più riuscito dell’albo, adeguato a comprendere le possibilità effettive dei Tuned, quando tutto funziona a dovere e i costituenti espressivi (pathos emotivo, scansione lirica, spessore poetico, tracciati melodici) appaiono davvero
sintonizzati.
Una piacevole veste grafica è l’ultima notazione di un lavoro
frammentario che comunque lascia intravedere le qualità di una band che per rappresentare realmente un credibile contendente nell’universo alternativo nazionale dovrà impegnarsi
solo nel focalizzarle meglio, e così facendo onorare fino in fondo pure quel
Sardinia Island play loud! che fieramente campeggia sul loro myspace.
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