No, dico: ma tutti a me capitano gli sfigati? I tedeschi che si fanno chiamare Mad Sin sembrano degli invasati che suonano un punknroll infernale con lembi di metal epico e hard core au go go. Questo, almeno, risulta dall’ascolto del loro primo pezzo: “Sin city calling”. Ma, un momento, che accade? Dalle casse dello stereo sta venendo finalmente fuori una musica che persuaderà il mio hi-fi a perdonarmi le volte che l’ho sottoposto a certe schifezze che mi è toccato recensire. Sto finalmente parlando di rock ‘n roll, baby. “All this and more” – da non confondere con l’omonima canzone dei Dead Boys: accidenti, ci mancherebbe altro! – è un bel pezzo di rock oscuro e diavolesco quanto si vuole, ma fatto bene. “Scarred Ole’Haert” potrebbe essere stata rubata dalle outtakes dei Misfits, secondo periodo: quello più hard core, per intenderci. Comunque non malaccio, ragazzi: non malaccio. “ Dead man tell no tales” sembra suonato dallo zombie di Elvis riportato in vita da una scarica di punk-core. Il bello è che il pezzo in questione si adagia per un attimo sulle pampas argentine, in un tango preludente al furore delle chitarre e della voce del Re morto. Stesso discorso – per fortuna – relativamente al brano successivo: “Paralyzed”. Forse una delle migliori del promo. I Mad sin, a tratti, paiono i Cramps portati all’esasperazione. Beh, forse sto esagerando coi complimenti. Ad esempio, schiaffano in mezzo anche lo ska dove non c’entra niente. Ma questo è un parere personale. Comunque un disco che potrebbe mettere d’accordo i rocknrollers, gli skaters e gli ascoltatori di metal. Anche se, personalmente, detesto le definizioni e le etichette. L’ideale sarebbe amare tutta la musica, purché suonata bene (e con le chitarre elettriche, cristo).
Voto: 7 per il rock ‘n roll presente sul disco; 5 per l’hard core. Fate voi la media.
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