Album d'esordio del chitarrista canadese
Philip Sayce, musicista che vanta numerose jam session con artisti del calibro di Robbie Robertson, Stevie Ray Vaughan, Bob Dylan e Jeff Healey. Fortemente influenzato da Jimy Hendrix e SRV, lo stile di Sayce si avvicina, in parte, anche alle timbriche del più orecchiabile e primordiale Lanny Kravitz.
Le tematiche musicali presenti in "Peace Machine", abbracciano un po' tutte le varie correnti rock-blues sviluppando e manifestando una buona padronanza sia vocale che strumentale, con riflessi psichedelici ben assortiti.
L'opener "One Foot in the Grave" ricorda molto le atmosfere alla Krevitz, ritmo forsennato e melodie semplici ma d'effetto, come l'Hendrixiana "Save Me from Myself" capace di esaltare la grande versatilità di un musicista completo. "Slip Away" rende omaggio a tutte le sue fonti di ispirazione con un'interpretazione convincente e suggestiva come la ritmata "Powerful Thing", condita da cadenze funky che ben si fondono con la parte vocale rendendo il pezzo uno dei più interessanti. Dolcissima l'acustica "Dream Away" in grado di offrire un altro aspetto interessante di un musicista assolutamente convincente, "Dream Away" conferma questa prerogativa, ottimo brano denso di pathos e splendide atmosfere. "Sweet Misery" riporta a suoni più aggressivi pur mantenendo una melodia decisamente soft, ottimi i riff e l'amalgama chitarra basso batteria, nella successiva "Blood On Your Hands", grande ritmo e suoni vigorosi pieni di energia pura, ennesima prova di vitalità del chitarrista canadese. "Over My Hends" ci conduce nuovamente a situazioni dimesse ma non per questo prive di spunti suggestivi ed originali, elementi che ritroviamo nella stupenda "Alchemy", un blues che attanaglia l'ascolto per intensità e delicatezza, momento clou dell'intero lavoro di P.S., come la struggente "Peace Machine", lunghissima performance dai toni tanto cari all'immortale SRV. Chiude l'album la strumentale "Arianrhod"(bonus track), distorsioni e hammond in evidenza in un pezzo colorito e spumeggiante.
"Peace Machine" è un lavoro convincente, dimostrazione tangibile di come queste sonorità, seppur ultra collaudate, rimangono cristalline e pure, presenti e vive anche grazie all'abilità e al tributo che Philip Sayce, ha voluto rendere ai grandi del passato.
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