I veronesi
Svanzica, al debutto, hanno le idee un bel po’ confuse sulla direzione musicale da intraprendere, sebbene amino spacciare questo loro limite per voglia di stupire e di fondere le loro diverse influenze, che sono le più disparate.
In questo “
Eos”, infatti, è possibile sentire un po’ di tutto, dal dark sound a là Cure, soprattutto nelle clean vocals del singer
Luca, al death metal, passando per parti acustiche, altre jazzate, digressioni dal sapore progressivo e via dicendo.
Il risultato è un minestrone che spesso, invece di sublimare i singoli ingredienti, è insipido e sciacquo, con canzoni che a volta non sanno di nulla (i primi tre pezzi passano senza lasciare quasi traccia). Bisogna aspettare “
Lirica Underground” per vedere qualcosa di interessante, soprattutto a livello melodico, prima che l’insana voglia di stupire della band rivolti la canzone come un guanto rendendola ancora una volta stucchevole, posticcia, forzata.
Tutto ciò è un peccato, perché la band le qualità tecniche le ha, se si esclude il cantante, il quale è davvero troppo monotono e inespressivo, nelle clean vocals, e assolutamente fastidioso quando va in growl. A proposito, le growling vocals sono l’esempio più lampante di quanto sto cercando di dire, che tradotto fa pressappoco “ci azzeccano come i cavoli a merenda”, rovinando il promettente inizio di “
Raindust Meraviglia”.
Il peccato originale degli
Svanzica si chiama mancanza di umiltà, il non sapere riconoscere i propri limiti compositivi. Non basta essere bravi musicisti per fare buona musica.
La pretenziosità della proposta si risolve in un misero fallimento, che speriamo dia modo alla band di fare mente locale ai prossimi passi. A volte basta saper suonare un solo genere e saperlo fare bene.
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