Si presentano al pubblico “progressiv-alternativo” citando come ascendenti primari nomi del calibro di Katatonia, Tool e A Perfect Circle, sono svizzeri e si chiamano, nel pieno rispetto del contesto “tormentato”,
This Misery Garden.
L’ambientazione sonora del loro disco di debutto richiama alla prova dei fatti proprio le atmosfere dei campioni menzionati, tra vibranti afflati malinconici e catartici strappi ora perentori, ora trasognati e liquidi, necessari a sollevare l’animo da quest’oppressione “passiva” altrimenti insostenibile e soffocante, ma lo fa con notevole gusto estetico, coniugando intensità e credibilità pur sfruttando un modus operandi non esattamente autoctono.
Detto ciò, arriviamo alla questione forse più importante per questa tipologia musicale, alla caratteristica che rende quei tre nomi menzionati all’inizio degli autentici maestri del genere: la capacità di trasmettere emozioni, l’abilità nel comunicare, evocare immagini e stati d’animo, quella, insomma, che gli eruditi chiamano
empatia.
Ecco, probabilmente, da questo punto di vista il quintetto elvetico mostra la necessità di un ulteriore miglioramento, a volte si perde in strutture musicali che invece del necessario turbamento emotivo stimolano un pizzico di disappunto, proprio perché sfruttano un canovaccio inventato da altri senza la necessaria profondità e la dovuta sensibilità.
Poco male, poiché “Another great day on Earth” è in ogni caso un valente debutto e in quanto tale può anche evidenziare un percorso emotivo non ancora del tutto concluso (quantunque già parecchio progredito), il quale ha in “Vermilion river” (davvero un bel pezzo, dove le suggestioni di dark-wave emergono in un’architettura che piacerebbe molto a “certi” svedesi!), in “Force feed” (fremente d’inquieti bagliori Tool-iani) e in "Dirty playground” (
il naufragar m'è dolce in questo … spleen!) i suoi picchi di tensione e forza espressiva e in “Rejection song”, "Pantomines”, "A tastelsee poison” e nella conclusiva fluttuazione concentrica denominata “Everything comes to an end”, un cospicuo assortimento di egregi brani in cui le influenze, comprese le celebri “perfette circolarità” americane, si amalgamano con rilevante temperamento.
Chi ama questi suoni farà bene a concedere da subito una chance ai This Misery Garden e così facendo oltre che affidarsi a un’ora di buona musica, potrà domani, quando i ragazzi avranno verosimilmente completato la loro evoluzione artistica, vantarsi di averli seguiti fin dai loro, magari ancora “imperfetti”, esordi … e sappiamo quanto queste cose, normalmente, piacciano ai rockofili.
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