"Sabotage", Capitolo VI°: uno dei miei preferiti in assoluto dell'era OzzY. Maleficamente ammaliante. Spaziale e metafisico nella sua espressività sonora e nel racconto dei testi per la maggiore della sua totalità. Chitarra con un riverbero da oltretomba. Il gruppo affronta un nuovo passo discografico nonostante le beghe finanziare varie che oramai si affermavano come una costante per la storia della band. Per questo,visto la diffidenza nei confronti di avvocati contabili in mezzo alle palle,esce questo titolo: "Sabotage". La canzone “The Writ” è rancore puro verso queste figure.
E' il mio disco preferito dei
B†S (per questo ho deciso di scriverne una opinione/recensione) perchè è un disco viscerale; nel suono e nelle melodie del cantato esso tramanda disagio psicologico con conseguente destabilizzazione: un disco fatto da malati mentali se si può dirlo, paragonandolo al primo omonimo che lo vorrei definire nella sua malattia “depresso”.
E' un disco che risulta davvero brillante, tra i primissimi in assoluto nella loro discografia, sperimentato e registrato di notte mentre di giorno c'erano le beghe in tribunale: artefice di tutto questo l'onnipresente chitarrista, colui che ha sempre tirato da solo la "baracca", sempre anche nei momenti più critici. E' merito suo quindi se questo disco è stato l'ultimo ad avere ottimi consensi commerciali per quanto riguarda la MK1 (cioè con OzzY). "Hole in the Sky" e "Sympton of the Universe" sono le due opener, due hit, e risulteranno due classici della loro discografia, per questo non assolutamente le più belle.
"Sabotage" forse risulta come il vero primo disco classificabile sotto il genere dell'heavy metal, riportandolo a quelle coordinate che non erano presenti in “Vol.4” e in “Sabbath Bloody Sabbath”. Ciò nonostante nel disco non si dimenticano di sperimentare le orchestrazioni già presenti nei due dischi immediatamente antecedenti a questo. Sperimentazioni volute da Iommi, ossessionato per e dalla sua creatura (la band, i Black†Sabbath) e che ha riversato dalla sua mente nel lavoro ossessivo, fino alla sua realizzazione discografica.
E' un disco che amo per la sua sonorità profonda,una produzione che ricorda molto il primo omonimo (a dispetto di altri come i fantastici "Master of Reality" e "Paranoid" che a loro volta trovo un po' compatti e ovattati dal punto di vista del suono).
"Hole in the Sky" è la opener, un pezzo (come tanti nella loro totale discografia) con tematiche preferite e scritte da Butler in cui si tratta la terra proiettata nello spazio e nel futuro e inizia così:
"osservo attraverso un buco nel cielo, osservo il nulla con gli occhi di un bugiardo, mi avvicino alla fine della linea, sto vivendo tranquillamente dove il sole non brilla". Una canzone ecologista contro l'avidità dell'essere umano che porterà alla distruzione del pianeta. La chitarra nei suoi riff fa da portante ovviamente, acida, massiccia, ricca di pathos. OzzY brillante; i due messia si scannano contro i potenti, i politici, a tutti coloro che si comportano come cani malvagi a discapito dell'umanità.
"Don't Start (Too Late)" ottimo intermezzo strumentale di poco meno due minuti di chitarra classica, anzi sembrerebbero due acustiche mixate. Da intermezzo tra due canzoni può essere interpretata tranquillamente come preludio a una esplosione sonora pronta a venire immediatamente dopo.
"Sympton of Universe", terza traccia, seconda cantata, si ricollega molto all'immaginario raccontato dal testo della opener del disco. Spaziale e metafisica. Ma a dispetto della precedente questa canzone lascia trasparire ottimismo anche se le sonorità farebbero pensare al contrario. L'ottimismo è frutto della speranza e il mezzo per ottenerlo è l'amore:
" donna frutto dell'amore, vieni e sali dentro i miei sogni, nei tuoi occhi non scorgo tristezza, sei tutto ciò che significa amare, prendi la mia mano e da lassù cavalcheremo attraverso i raggi del sole, troveremo la felicità nei cieli estivi dell'amore, insieme". E' l'amore che ci salverà. Misticismo, spiritualità e religiosità si intrecciano nell'anima di Butler, figlio di genitori religiosi e degli acidi: Dio esiste e il paradiso è la terra stessa, i sentimenti di pace e amore appassionano e commuovono Butler e chi ascolta. Il sintomo dell'universo è l'amore, il motore di tutto. A contrapposizione di questi sentimenti soavi c'è la musica, tirata, veloce, con le rullate di Ward che a tratti sovrasta il resto. Questo è uno dei pezzi più metal dei B†S Mk1. Il pezzo, corre, viaggia veloce sotto le mazzate di basso e batteria che accompagnano questo classico riff metal della chitarra fino a regredire a una sezione acusticamente acida, psicadelica.
"Megalomania":
"perchè nessuno mi lascia solo?.. perchè non te ne vai via?.. Colpiscimi!". Pazzia e paranoia violenta, frutto delle droghe che volavano alla grande e dalla quale ci si vuole liberare. Testo pieno di ombre, di confusione, di sogni confusi. Il Diavolo tentatore è la droga. Pezzo musicale sospeso tra la realtà e l'immaginario sognato, allucinazioni e ricerca della felicità e della sanità mentale, cosa che può avvenire liberandosi delle sostanze. Pezzo musicalmente complesso che parte lento e in maniera drammatica. Anche qui si notano riff acustici. Appaiono il piano e il mellotron, nel mentre la voce si dispera, la musica si fa più potente e veloce. Il finale è esasperante, OzzY urla, è la pazzia che sta esorcizzando se stessa mentre la chitarra è sempre una scure:
"niente più bugie, ora sono diventato saggio, ora sono libero, lasciami vedere come ora non sono più guidato da te (dalla droga), [/]libero!"[/I]. Brano lunghissimo.. megalomane!
"The Thrill of it All":
"ricordati che la libertà non è difficile da trovare, è ora di finirla di fare pasticci, credi che non conosca la mia mente?". La droga crea casini e da essa bisogna liberarsene (vabbè l'abbiamo capito ma poi, monellacci che siete, mica l'avete fatto se no a 60 anni passati..), va bene anche ad invocare Gesù seppure in maniera non troppo convinta. E quale è la maniera per non pensare alla droga? Suonare e basta, pensare alla musica. Solo così si può raggiungere la libertà, quella menzionata anche nel brano precedente e che consiste alla fine aver trovato il successo e l'indipendenza economica, tutto questo in barba ai manager che in quel periodo sucavano l'anima ai quattro. Pezzo lento quasi doom che poi si articola in una dinamica più vivace con voci brillanti, musica sinfonicamente intensa. Presente ancora il pianoforte, traspare ciò che il titolo vuole tramandare: eccitazione.
"Supertzar": come molti sapranno questo fantastico pezzo strumentale scritto con un mellotron da Iommi è stato opener dei concerti di quegli anni. Fantastico pezzo eseguito con i cori della London Philarmonic. Ozzy quel giorno aprì la porta, vide i cori in azione e subito la richiuse pensando avesse sbagliato sala di registrazione. Atmosfere gotiche che si intrecciano con immaginari nefasti, sinistri. Un percorso pomposo che porta dritto verso gli inferi, preludio delle urla della follia che si farà padrona delle anime e che si sentiranno da lì a poco nei pezzi successivi. La malattia mentale sta raggiungendo il suo apice. Solo un'arpa renderà meno pessimistica la situazione, accompagnata da una sottile e costante marcetta di Ward, ma è solo una breve illusione, la marcia della decadenza psichica in realtà non si sta fermando.
"Am I Going Insane? (Radio)", ovvero radio-mental, cioè pazzo: un titolo che non passa di certo inosservato; poi accostatelo all'immagine di OzzY. Sì, forse lui non sapeva che pochi anni dopo per davvero lo sarebbe diventato, ma in realtà è già un abbozzo di autobiografia che egli già sapeva di poter conoscere...
"ditemi gente, sto diventando pazzo?". L'immaginario che mi infonde questo pezzo mi riporta all'immagine di Renfield, il pazzo zoofago rinchiuso nel manicomio nel film di Dracula, di Stoker, più o meno l'immagine stessa che c'è sulla copertina di “Diary of a Madman”, dove nella titletrack è emblematico lo stato raggiunto da OzzY, un capolavoro dentro la follia pura. Ma tornando ai B†S:
"così sto dicendo a tutti voi, ascoltatemi mentre canto di nuovo se non sembro molto allegro, penso sia così perchè sono schizofrenico". Il pezzo inizia con un sintetizzatore, un suono che ricorda quello di "Who Are You", pezzo di “Sabbath Bloody Sabbath”, opera del psicopatico OzzY che si cimenta nel suonarlo. Pezzo incentrato sul ritornello
"tell me people if am i going insane", con basso e batteria in secondo piano e con una piccolo assolo di chitarra nel mezzo. Semplice, nulla di che, giusto quel ritornello paranoico che ti si ficca in testa e non riesci a scordarlo manco a volerlo fino a sembrare che quasi stai diventando pazzo per davvero... e iniziano gli urli che te lo ricordano. Stai diventando pazzo o cosa? Si vede la faccia di OzzY stravolta da un peso che si insidia nel suo cervello e mentre la sua voce inizia a scemare con le mani nei capelli incombono risate maligne che rimbombano nelle pareti umidi, malsane, di un lugubre manicomio immaginario, lo stesso in cui forse è rinchiuso pure Renfield... i lamenti si accavallano, le urla poi iniziano ad acquietarsi per sfumare e accompagnare con linee di basso verso l'ultimo pezzo del disco.
"The Writ": brano commovente, anche questo con forti devianze psichiche specie nel momento in cui il carillon si impone durante l'ascolto. A differenza delle precedenti questa canzone ha un testo terra terra, nulla di metafisico, niente visioni, niente allucinazioni. In questa canzone vengono riversati gli animi dei quattro, animi devastati dalla collera verso quelle persone che avrebbero voluto incularli, farsi i soldi speculando su di loro. Manager, avvocati, produttori... i B†S non ce la facevano più. Oltre al rancore nel testo sono presenti frasi di vero e proprio malaugurio verso questi sciacalli e ad un certo punto sembra precaria la condizione psichica di OzzY che quasi sembra pianga:
"lo so, sì lo so, ascoltami mentre canto questo pezzo, potresti pensar che le mie parole possano sembrare sbagliate, ci sono troppe persone che mi danno consigli, ma non sanno cosa vedono i miei occhi, ma tutto finirà bene per noi o mi berrò le cervella". L'invettiva è stata mandata.
Per concludere: il mio disco preferito, musicalmente il più estremo, paranoico e malato al punto giusto, cattivo nei suoni ma che ti da quel senso di pace e di speranza; un disco molto sottovalutato, anche dalla band forse perchè molto difficile da reinterpretare dal vivo, visto la complessità con cui vengono architettonicamente concepite le strutture dei brani. Infatti dal vivo all'epoca venivano eseguite solo le prime quattro elencate non rendendole sempre pienamente all'altezza delle versioni in studio.
Imperdibile disco, un must.
A cura di Andrea johnny-blade Cavallo