Dopo la totale riuscita artistica di Tyr pubblicato nel corso del 1990 tutti si aspettavano un degno seguito con alla voce Tony Martin, e invece no, bisognerà aspettare fino al 1994 con
Cross Purposes per rivedere e riascoltare il talentuoso singer in azione con i
Black Sabbath. Cosa è successo nel frattempo? Nel 1992 è stata la volta di Dehumanizer, disco più che valido con un ritrovato Ronnie James Dio alla voce, un'esperienza comunque consumata nell'arco della pubblicazione e della sua relativa attività promozionale, tra l'altro chiusasi in maniera un po' rocambolesca per Dio, ma non è questa la sede per discuterne. Iommi come al solito si è ritrovato per l'ennesima volta nella difficoltà di dover trovare un cantante a cui affidare i proclami della sua bestia, ma stavolta non c'è stato motivo di pensarci su, ed ecco come si giustifica il rientro in formazione del bravissimo Tony Martin. Ci sono delle analisi da fare prima di introdursi nell'analisi di Cross Purposes, soprattutto di carattere temporale, visto e considerato che nel 1994 il mondo del Metal è decisamente cambiato rispetto ai gloriosi anni 80, si sono ridimensionati i numeri e gli stili, un fattore che influenzerà molto la release numero diciannove del Sabba Nero. Se nei primi tre dischi con Tony Martin alla voce era presente un'atmosfera epica e battagliera, molto calda e avvolgente, in questa occasione la situazione cambia, e torna a farsi sentire un sound asciutto e grigio, se vogliamo più oscuro e pesante, come nel caso di
Virtual Death,
Immaculate Deception e la bellissima
Dying For Love. Sono arrivati gli anni 90, e si fanno sentire, più sintetici e meno inclini a certa spensieratezza del decennio precedente. Iommi assembla riff come al solito avvolgenti e caldi, il compendio perfetto alla voce di un sempre ispirato Tony Martin e forse è proprio in Cross Purposes che il singer offre la sua prestazione oggettivamente migliore per intensità ed espressività. La band non si dimentica di spingere il piede sull'acceleratore quando necessario, e via con
I Witness e
Back To Eden, concise, dirette e piene di adrenalina. In qualche maniere persiste un filo conduttore stilistico con Dehumanizer del 1992, cosa che invece non si può dire per il successivo Forbidden, album sulla falsa riga stilistica di Cross Purposes, purtroppo spento e senza mordente. In conclusione non credo ci sia altro da aggiungere se non per ribadire il fatto che questo è un album di grande valore artistico, difficilmente accostabile ai dischi storici del gruppo, lo so da me, ma non per questo di serie b, anzi.