“
Lassù qualcuno mi ama” recitava il titolo di un vecchio film americano della MGM, ma anche senza scomodare trame hollywoodiane di faticoso riscatto sociale e ancor di meno il destinatario di tale esortazione (che ha sicuramente cose più importanti di cui occuparsi!), c’è da credere che qualcuno da qualche parte abbia a cuore i desideri del sottoscritto e dei molti appassionati di hard-rock. Parafrasando ulteriormente la locuzione d’apertura, forse sarebbe meglio dire “
laggiù qualcuno mi ama”, ma non vorrei che si scambiasse una semplice notazione di tipo squisitamente
geografico con un riferimento a quel sulfureo personaggio dotato di corna, coda e arti caprini che spesso viene accostato alla musica rock.
Niente
satanassi, il mio è, infatti, un modo, maldestro magari, per indicare la napoletana Frontiers, l’etichetta che, pubblicando questo “Alive in Europe 2009!” dei favolosi
Tesla, ha completato il processo d’
esaudizione dei miei auspici per questo particolare tema, iniziato con la pubblicazione dell’eccellente “Forever more”, passato per la notevole prestazione (nonostante la fastidiosa pioggerellina … va a finire che lassù forse non ci vogliono
poi tanto bene …) della band durante il GOM del 2009 e per l’uscita del Dvd “Comin’ Atcha Live! 2008”.
Il vero banco di prova per i pezzi dell’albo in studio del 2008 era, almeno secondo il sottoscritto (cosa che non ho mancato di rilevare nelle recensioni specifiche su queste stesse pagine), il loro accostamento agli svariati “classici” della band, in una dimensione live, ed ecco che questo lavoro, registrato in varie locations durante l’estate del 2009, fissa su dischetto ottico quello che proprio grazie alle succitate esperienze
sospettavo già: “Forever more”, “I wanna live”, “Breakin’ free” e “So what!”, non sfigurano per nulla al cospetto di “Modern day cowboy”, “Signs” (in realtà una rilettura dei canadesi Five Man Electrical Band!), "What you give”, “Love song”, "Little Suzi", “Heaven’s trail”, solamente alcune delle formidabili hit per le quali i Tesla sono giustamente accreditati come uno dei migliori esponenti nel campo dell’hard rock più viscerale e coinvolgente e che qui vengono riproposte con la consueta grinta ed ispirazione, per un programma complessivo abbastanza equilibrato nel percorrere la ricca discografia della band (certo che l’assenza
ingiustificata di una “Cumin’ atcha live” … ma è normale in questi casi
patire qualche piccola
delusione …) e comunque praticamente inattaccabile nella caratura artistica.
Poco importa se la voce di Jeff Keith appare leggermente inasprita nel suo timbro; c’è più calore ed espressività in questa laringe che in quella di cento imitatori, anche se dotati di mezzi tecnici superiori, e m’interessa ancora meno la posizione di chi ritiene questa “roba” superflua, trita e ritrita; quando ci sono queste capacità e questa passione autentica, amplificata da un palco e da un pubblico affezionato, che capisce se si tratta di una “simulazione” dettata da un trend discografico (“
La musica che proponi deve essere per forza quella che ami, non devi lasciarti guidare da nessuno” ebbe a dire una volta proprio Jeff Keith ed è probabile che la pensi ancora in questa maniera!), non ci sono opportunismi, immobilismo artistico o carenze evolutive che tengano: a fare la differenza ci pensa lo spirito indomito di una formazione che si giova di un rinnovato interesse per certe branche del rock ed esprime al meglio tutta la sua genuina forza espressiva.
Ed ora non rimane che formulare un altro desiderio: un nuovo capitolo in studio all’altezza della ritrovata verve creativa dei Tesla … a questo punto credere che ci sia qualcuno che li ascolta e li soddisfa non è poi tanto puerile.
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