I Dimmu Borgir sono forse attualmente il gruppo più influente di tutta la scena metal estrema tendente al black. E non potrebbe essere altrimenti, visto l'enorme bagaglio di esperienze ed influenze che questa incredibile formazione si porta dietro... in aggiunta ai membri fondatori Shagrath e Silenoz (rispettivamente voce e chitarra), abbiamo assistito dal 1998 ad oggi ad una vera e propria rivoluzione della line-up che ha portato nella band norvegese musicisti come il batterista Nick Barker ex Cradle Of Filth, il bassista Simen ICS Vortex una volta nei Borknagar e il chitarrista Galder mente portante degli Old Man's Child! Aggiungiamo a tutto questo "ben di Satana" l'apporto dell'Orchestra Filarmonica di Praga (con ben 46 professionisti) ed avremo compreso in parte lo spessore artistico dei Dimmu Borgir. Che dire del nuovo album? Lasciate da parte le splendide atmosfere del capolavoro Stormblast e le cavalcate quasi-heavy dell'altro best-seller "Enthrone Darkness Triumphant", la direzione di "Death Cult Armageddon" (per la sesta volta un titolo composto da tre parole) è praticamente la stessa del precedente acclamatissimo "Puritanical...". Dovremo aspettarci quindi riff al limite del thrash, una batteria velocissima, tastiere che sconfinano spesso nell'elettronica e la solita ultra-effettata voce di Shagrath. In parte è proprio così, ma con qualche eccezione! La prima nota positiva è la catalizzazione e rivisitazione di alcuni modi di scrivere riff propri delle band che negli ultimi anni hanno tentato di portare il black verso derive più modernistiche: emblematici i riff "rubati" ai Satyricon di "Nemesis Divina" o agli Emperor di "Prometheus...". Per non parlare degli amici e rivali di sempre, i Covenant di "Nexus Polaris"! La seconda sorpresa è la capacità, che pensavo ormai scomparsa per sempre, della band di comporre pezzi ancora emozionanti e malinconici (al di là dei suoni moderni e delle evidenti esagerazioni tecnicistiche) accompagnati dalle atmosfere apocalittiche e inquietanti create dagli archi e dagli ottoni della Filarmonica. Purtroppo proprio la presenza dell'orchestra rende inutile i peraltro pochi interventi di Mustis alla tastiera! Da segnalare anche la solita impeccabile prova di Nick alla batteria(che mi piacerebbe vedere impegnato in un testa a testa con Hellhammer) e invece lo scarso utilizzo dell'ormai stra-famoso ed apprezzato falsetto di Vortex... da questo punto di vista un piccolo passo indietro rispetto a "Puritanical...". Un paio di pezzi lievemente sottotono alla fine dell'album tirano giù il voto di un punticino, ma siamo a livelli di assoluta eccellenza. Non so perchè, ma ogni album dei Dimmu Borgir è avvolto da qualcosa di magico... per adesso godiamoci questo capolavoro, con una domanda ricorrente nella testa: consapevoli del fatto che il gruppo norvegese non ha mai proposto la stessa musica per più di due album di seguito, cosa dobbiamo aspettarci la prossima volta?
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