Copertina 8,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2010
Durata:45 min.
Etichetta:My Graveyard Productions
Distribuzione:Masterpiece

Tracklist

  1. IN ROCK WE TRUST
  2. BOOGEYMAN
  3. PYRAMID
  4. NIGHT FLYER
  5. BEAT THE HAMMER
  6. GONE TOMORROW
  7. LIFE: WHEN IT'S GONE
  8. MEDIA MESSIAH
  9. AMORE E FUOCO
  10. NON SEI NORMALE

Line up

  • Daniele “Bud” Ancillotti: vocals
  • Dario “Kappa” Cappanera: guitars
  • Enzo Mascolo: bass
  • Rolando “Rola” Cappanera: drums
  • Mattia Bigi: bass

Voto medio utenti

Età dell'Oro: ai tempi dei primi albori della NWOIHM, il musicista rock viveva senza preoccupazioni, era giovane, ispirato solo dall’istinto e da quello che altri giovani come lui, ma di altra nazionalità stavano producendo nello stesso campo. Era protetto dallo spirito dell’innocenza e della sfrontatezza e non si preoccupava troppo del domani.
Età dell'Argento: il musicista rock italiano comincia a rendersi conto che la passione può diventare anche una fonte di popolarità e di agiata sussistenza e conosce pure la stoltezza di chi tenta di emergere denigrando il prossimo, alimentato da una forma d’invidia spesso autodistruttiva, che, infatti, porterà molti di loro ad un’estinzione naturale.
Età del Bronzo: in questa età vissero solo i musicisti più possenti e motivati, che continuarono a scontrarsi, determinando un’ulteriore selezione. Molti di loro conobbero la sconfitta ad opera di una divinità quasi invulnerabile, Il Mercato Discografico, altri dovettero fare fronte alle sofferenze umane più laceranti, e solo i più meritevoli trovarono la forza di reagire e continuare a lottare.
Età degli Eroi: il periodo della rinascita, del ritorno o della consacrazione della stirpe di musicisti più giusta e meritoria. Le battaglie non sono finite, così com’è rilevabile qualche inevitabile defezione, ma il mondo sembra pronto ad accogliere con benevolenza questi eroi, magari segnati dalle cicatrici del tempo ma sempre sostenuti da quell’incrollabile Fede che ne alimenta le iniziative.
Età del Ferro: l’epoca corrente. Il ritorno di un certo antico clangore metallico riecheggia potente nelle anime di tanti nuovi virgulti musicali e pur con le difficoltà di un universo sempre più complesso e contraddittorio, in cui tante sono le difficoltà e le falsità, si guarda con rinnovato interesse a quegli antichi combattenti, riservando un posto d’onore ai suoni che seppero diffondere e sostenendo adeguatamente chi ha avuto la forza e la capacità (artistica) di sopravvivere a tutte le vicissitudini delle ere precedenti, rispondendo con entusiasmo alla loro Chiamata, nella speranza che gelosie e astio siano sentimenti sconfitti per sempre.
Non avete sbagliato “canale”, non è una lezione di fanta-mitologia, e se sono andato addirittura a scomodare il secondo Mito del poeta greco Esiodo, parafrasandolo pesantemente (compreso il lezioso happy-end … anche se non sembra, in fondo sono sempre un inguaribile ottimista …) è solo per cercare di enfatizzare il ruolo fondamentale della Strana Officina (e di pochi altri) nella convulsa storia italiana dell’heavy metal, che li ha visti protagonisti fin dai primi vagiti e ancora oggi li consacra come intramontabili figure di riferimento per nulla appagate dai risultati ottenuti.
Più forti delle avversità (e non mi riferisco solo alla volubilità del mercato ma anche e soprattutto all’imponderabile caducità dell’esistenza umana), i nostri hanno saputo “tenere duro” e ritornare dopo un periodo di pausa, prima con un grande disco di “riavvicinamento” ai loro fans “nuovi” e “vecchi” (“The faith”, una sublime collezione di classici ri-registrati) e poi con questo spettacolare “Rising to the call”, un lavoro che vince la sfida con un passato tanto straordinario quanto impegnativo, celebrandolo senza esuberanti ruffianerie nostalgiche, e ristabilisce le gerarchie nell’ambito del nostro sempre più affollato panorama musicale.
Non ho volutamente parlato di limiti geografici, circoscrivendo l’affermazione precedente ai patri confini, proprio perché “Rising to the call” è un sontuoso Cd di hard n’ heavy di livello internazionale, potente, ispirato, in un misto di groove attuale e nobiltà metallica, spesso (a dire la verità, forse, fin un po’ troppo pericolosamente!) vicino a certe soluzioni soniche care al miglior Ozzy, in grado d’inglobare influenze di Black Sabbath, Judas Priest, Motorhead e BLS, mantenendo pressoché costante quella personalità individuale ben distinta e riconoscibile riservata ai grandi nomi del settore.
Dieci brani e non una sola nota da scartare, in un crescendo di emozioni dove la prestazione vocale di Daniele “Bud” Ancillotti e la chitarra di Dario “Kappa” Cappanera rappresentano il devastante maglio di primo impatto sensoriale e in cui Rolando “Rola” Cappanera e Mattia Bigi (complimenti vivissimi all’ex bassista degli Extrema, impegnato in otto/decimi del programma) garantiscono un motore ritmico di rara efficienza.
Sinceramente non trovo una sola ragione plausibile per non prevedere per l’arrembante “In rock we trust”, la meravigliosa “Boogeyman”, la drammatica e granitica “Pyramid”, l’irresistibile “Night flyer, la toccante e vibrante “Life: when it's gone” e per gli altri titoli dell’albo, un radioso futuro nei cuori e nella memoria di tutti quelli che si dichiarano appassionati di questi suoni.
Ancora due parole per le antiche composizioni “Amore e fuoco” e “Non sei normale”, in cui lo storico Enzo Mascolo si riappropria dello strumento meno appariscente della famiglia dei cordofoni … una sorta di prezioso anello di congiunzione tra il passato e presente di una band che vorremmo, comunque, vedere al più presto impegnata in composizioni nuove di zecca che sfruttino il bistrattato idioma nazionale.
In sede di commenti finali, non posso che sottolineare ancora una volta l’enorme valore artistico di una formazione che lascia una profonda traccia di sé anche in questo periodo di ritorno in auge di certe sonorità, capace di rimanere indelebile anche quando il “vento” del trend cambierà inevitabilmente direzione verso la prossima età discografica, perché questo è il destino di chi è in grado di mettere tutta la propria vita nella propria musica … e poche altre lo sanno fare come la Strana Officina.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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