Denominazione enigmatica, un digipack di notevole pregio e una musica che si ripromette di
elaborare in maniera personale la lezione industrial e post-rock di matrice americana, queste le credenziali dei quattro milanesi autori di “Midst”.
Gli
Enil La Fam, con questa interessante e professionale auto-produzione, puntano dritti al compiacimento dei gusti dei consumatori di alternative rock e lo fanno manifestando buone attitudini al
mainstream, ma senza eccedere in quei compromessi artistici che potrebbero portarli, se i nostri amassero le soluzioni “facili”, all’emulazione dei tanti campioni del settore.
La loro proposta attinge a piene mani dal post-grunge e dal metal alternativo, e tuttavia piace il modo in cui gruppi come Therapy?, Bush, A Perfect Circle, Foo Fighters, Alice In Chains e, in minima parte, pure Deftones, vengono metabolizzati in un suono che, grazie ad una giusta calibratura degli influssi e una pertinente definizione dei caratteri interpretativi, appare piuttosto “vero” ed emozionante e si rivela in grado di nutrire importanti ambizioni espressive oltre che, perché no, “commerciali”.
Una collezione di brani che vive sulla forza delle chitarre, sulla tensione delle ritmiche, su linee vocali carismatiche e discretamente duttili (a tratti la laringe di Belvedere sfoggia
addirittura vaghe sfumature di marca Craig Werden), in cui i testi, incentrati sui rapporti, sui sentimenti e sulle relazioni interpersonali, fungono da intrigante
corollario (come spesso accade nel rock
anglofono, peraltro!) ad un disco capace di colpire e affascinare anche solo dopo un semplice ascolto.
Forse manca ancora un pizzico di dinamicità e talvolta gli Enil La Fam danno l’impressione di crogiolarsi un po’ troppo sulla superficie della componente emotiva della loro proposta non andando in profondità, ma per chi è stato in grado di produrre canzoni come “S&M” (con un gustoso barlume dei agitatori sonici nordirlandesi capitanati da Andy Cairns nell’impasto ritmico, e non sarà un caso del tutto isolato), “Peculiar” (un pezzo davvero avvincente, che potrebbe dare molte soddisfazioni nelle classifiche specializzate), “Sick” (Cristina Marano, guest on vocals), “Load” (le tinte malinconico/oppressive potranno piacere ai sostenitori degli APC), "Gossip” e “Raw” (entrambe caratterizzate da un suggestivo tocco post-punk) e ancora “The fail” (energica e sufficientemente creativa), è obiettivamente abbastanza difficile trovare qualche consistente causale d’impellente disapprovazione.
Altrove il programma perde qualcosa in “freschezza”, in compattezza e incisività sensoriale, pur mantenendo livelli di gradevolezza sufficientemente elevati, consentendomi, dunque, complessivamente, di prospettare per gli Enil La Fam un ruolo di spicco nella “comunità” internazionale del rock, forti di una crescita “naturale” per i musicisti di spessore e auspicando in quella buona sorte necessaria ormai almeno quanto il talento per imporsi nella folla degli “emergenti”.
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