Gli Svedesi Anekdoten sono una formazione avara di pubblicazioni, in dieci anni di attività “Gravity” è solamente il loro quarto full-lenght. Ciò non inficia comunque la qualità della loro proposta, qualità che li ha elevati al rango di credibili eredi dei grandi King Krimson, com’è stato affermato in varie occasioni da autorevoli esperti del settore.
Rock progressivo altamente specializzato, intensamente settantiano in virtù di sofisticate ed aristocratiche atmosfere e di trame strumentali tanto intricate quanto romantiche, spesso in forma di estese fughe trasognate con ampio uso di ceselli di Hammond e Farfisa, grazie alla contemporanea presenza di ben tre tastieristi nel gruppo.
In questo nuovo album si scoprono però alcuni segnali di rinnovamento nella proposta degli Scandinavi. Confermata ovviamente la struttura di base, una scenografia delicata e lunare, un’anima rock gentile e di grande respiro, fine, elegante, tenue e rilassante, ma appare in diminuzione la componente marcatamente progressiva del loro sound.
Una minore complessità delle composizioni, più linearità, spazi improvvisativi contenuti, maggiore semplificazione che avvicina alcuni episodi ad un rock alternativo emozionale dove regnano sensazioni uggiose e malinconiche, simile a quello che troviamo nelle produzioni di gente come Coldplay o Radiohead.
L’apertura di “Monolith” è il tratto d’unione con il passato, qui le orme del gigante Krimsoniano sono ancora profonde, ma in “Ricochet” o ancora più nella suadente title-track cogliamo una cresciuta essenzialità ed una cura straordinaria per gli arrangiamenti che generano brani dall’elevata carica poetica, cristallini nei suoni, sinfonicamente placidi ma anche confortevolmente accessibili al pubblico del rock adulto non limitato dalla specializzazione. A bilanciare le lievi innovazioni restano notevoli gli episodi che ribadiscono una sottile venatura psichedelica sessantiana, in particolare la commovente “The war is over” carezzevole intreccio di chitarre acustiche, percussioni accennate, tastiere leggiadre e melodie fiabesche, ed il finale strumentale “Seljak” nel quale ritorna il classico escapismo progressivo, eseguito con gusto e misura.
E’ bene ribadire che gli Anekdoten nulla spartiscono con il movimento prog-metal, la loro musica è totalmente priva di spigoli heavy, del tutto votata a tranquille rarefazioni ed aperture ambientali, quindi potrebbe essere indigesta a chi non apprezza soluzioni morbide ed intimiste.
Per gli appassionati si tratta di un disco pieno di ottimi momenti anche se di transizione, dove il quartetto di Stoccolma si mostra in fase evolutiva probabilmente verso uno stile meno complesso e, se vogliamo usare la definizione, più “commerciale”.
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