Già... nemmeno Chris Boltendahl è risultato immune a quella bramosia che pure aveva contagiato altri illustri precursori del Teutonic Metal come Kai Hansen e Michael Weikath, i quali fieri (e magari ripensandoci anche con un pizzico di nostalgia ) del loro passato hanno dato un sequel ad una delle loro uscite più importanti e rappresentative.
Così, dopo "Land of the Free II" e "Keeper of the Seven Keys - The Legacy", ecco che il quattordicesimo studio album dei
Grave Digger ha l'onore, e sopratutto l'onere, di rinverdire i fasti di quel capolavoro che era e resta "Tunes of War".
I Grave Digger di "The Clans Will Rise Again" rispondono all'appello con una line-up pesantemente variata rispetto al precedente "Ballads of a Hangman", la fugace operazione
twin guitars non ha avuto gran successo (anche se musicalmente i Digger ne hanno giovato, e non poco), e dopo l'abbandono di Thilo Herrmann anche l'ex Rage Manni Schmidt se ne è andato, prontamente sostituito da Axel "Ironfinger" Ritt (Domain).
Subito atmosfere
scottish con l'intro "Days of Revenge", giusto un paio di minuti e poi i Grave Digger si presentano con la ruvida "Paid in Blood", che si ammorbidisce un poco solo nel chorus, con il solito vocione roco ma epico di Chris Boltendahl, ed una sezione ritmica solida e consolidata nel tempo come quella composta da Jens Becker e Stefan Arnold, mentre non sembra ben calato nel contesto l'assolo di Axel Ritt: tutta una serie di considerazioni che si possono tranquillamente rilanciare anche per la successiva "Hammer of the Scots".
I Digger cambiano approccio in occasione di "Highland Farewell", un mid tempo dal refrain accattivante con un buon uso delle cornamuse, e dell'epica "The Clans Will Rise Again", che si snoda con passo lento e doomeggiante (simile a quello che poi ritroveremo su "Whom the Gods Love Die Young"), per poi tornare a correre con la potente ed azzeccata "Rebels".
Boltendahl e soci hanno sempre reso alla grande sulle canzoni dai toni intensi e drammatici e lo confermano ampiamente su "Valley of Tears", "Coming Home" (dall'imponente e maestoso chorus) e nella conclusiva ballad "When Rain Turns to Blood", mentre incrociamo i Grave Digger più immediati e frontali su "Execution" e "Spider".
Un pizzico di opportunismo, poche novità, e quelle poche non sempre (ad esempio Axel Ritt in fase solista) positive, fanno di "The Clans Will Rise Again" un album sì discreto ma, senza andare a guardare troppo in là nel passato del gruppo, non all'altezza dell'eccellente "Liberty or Death".
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?