Gli svedesi
Lingua, band dal moniker alquanto singolare, giungono al secondo disco dopo “
The Smell Of A Life That Could Have Been” del 2006.
Il rock della band, inciso nei solchi di questo “
All My Rivals Are Imaginary Ghosts” non ama la facilità della melodia easy e orecchiabile, preferendo strutture più articolate, sebbene non complesse, e atmosfere più ricercate, dai tratti liquidi.
Già dall’iniziale “
Leave Us Yours” si nota un gusto musicale peculiare che, pur non rimandando in maniera diretta ad alcuna influenza marcata, lascia, tuttavia, trasparire echi dei
Tool meno cervellotici.
Il disco non ha molto impatto, non è un disco che rimane impresso al primo ascolto, mi verrebbe da dire che è un disco notturno, ma credo che la definizione più giusta sia quella di un disco serale; si, avete capito bene, questo disco ha la capacità di disegnare atmosfere crepuscolari, ma, badate bene, non malinconiche. È il crepuscolo urbano, quando la città, dopo un giorno di frenetiche attività, si avvia al riposo e lentamente si spegne.
In effetti a pensarci bene questo disco è ottimo per un trip in macchina, rigorosamente al crepuscolo, magari ascoltando a tutto volume le soffuse inquietudini di un pezzo come “
Who’s Doing That To You?”, prima di essere destati dalle asprezze di “
Prodigal Son”, una canzone dalla solida base ritmica.
Il disco cresce con gli ascolti, mostrando ogni volta sfumature nuove, capace anche di sparigliare le carte con la conclusiva “
Disperse!”, più veloce ed energica delle precedenti tracce.
Il giudizio conclusivo è sicuramente positivo e ci mostra una band che, al di là del fatto che probabilmente non finirà in alcuna chart né venderà milioni di dischi, ci sa fare, ha feeling e qualità da vendere.
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