Secondo album per gli Human Fortress, dopo il debutto "Lod of Earth and Heavens Hair" uscito sotto LMP un paio di anni fa, che fu un disco davvero mediocre di power/prog sinfonico, banale e fiacco. Con "Defenders of the Crown" la band tedesca smentisce chi, come me, non aveva creduto molto in una loro possibile maturazione; il passaggio alla Massacre, un paio di anni di gavetta e un appesantimento generale hanno invece fatto solo bene agli Human Fortress, che ci spiattellano un buon disco, che pur senza dire niente di trascendentale si fa ascoltare con piacere. Siamo sempre su terreni power, sebbene con una ben più forte componente heavy, ma il sestetto riesce qui a tirare fuori gli artigli, grazie soprattutto agli enormi passi in avanti del singer Joti Parcharidis, ben più incisivo e aggressivo che nel debutto. Si parte nel migliore dei modi, con "Knight in Shining Armour" che, a dispetto del titolo-inno alla pacchianità, mette in mostra un songwriting maturo e melodie tutt'altro che banali. La produzione non è male, soprattutto se confrontata a quella debole del suo predecessore, anche se avrei preferito una batteria ben più energica nei suoni. L'album non manca, comunque, di punti di contatto con il passato, come emerge nel tentativo epicheggiante di "Colosseum"; anche quando gli Human Fortress si rituffano nella banalità del power sinfonicheggiante riescono però a dire qualcosa di più grazie alla grande voce del singer Joti, davvero ottimo nelle parti più roche. Sono da segnalare particolarmente la bella "Siege Tower", epica e affascinante ballata, la trascinante "Schattentor" (forse l'episodio migliore del lotto) e "Skin & Feather". Purtroppo, a bilanciare, troviamo episodi troppo vicini al passato come "Gladiator of Rome", "Holy Grail Mine" o "Sacral Fire", nelle quali tornano a farsi vive le melodie zuccherose e le fastidiose tastiere. Nel complesso questo "Defenders of the Crown" mostra grandi passi in avanti nella giusta direzione e un songwriting meno ancorato agli stilemi del power canonico; purtroppo c'è ancora qualcosa da migliorare, per portare tutto il disco ai livelli dell'opener o di "Schattentor", magari limitando l'uso delle tastiere e dei vari clavicembali dei quali non se ne può proprio più. Ripeto, la strada è quella giusta, e il disco in questione un buon passo in avanti; ma la cosa più importante sarà tenere d'occhio nel futuro questa giovane band.
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