Meraviglioso. Basterebbe questo unico aggettivo per definire il secondo, monumentale album del tastierista nostrano
Alex Carpani, un ca**o di genio come non ne sentivo da tempo. Ancorato saldamente alle radici del prog rock italiano anni ’70, in questo album Alex riesce a superarsi, ed a limare gli eccessi di personalità presenti nel pur buonissimo primo album del 2007. Il risultato, come appena detto, è meraviglioso: dieci brani che compongono una sorta di concept album, un viaggio sognante, dinamico ed imprevedibile all’interno di un santuario, ideale rappresentazione della cattedrale dei sogni che alberga nell’animo di ognuno di noi. Ascoltato in cuffia, l’album rivela una meticolosità ammirevole per quanto riguarda la cura nel mixing, nella scelta dei suoni e negli arrangiamenti. Ovvio che la facciano da padrone le splendide tastiere di Alex, ma qui c’è spazio per ognuno dei fenomenali musicisti che lo accompagnano, e mi sento di fare una menzione speciale al bravissimo
Gigi Cavalli Cocchi alla batteria, mai così in forma dai tempi del primo album solista dei ClanDestino. Le sparute parti vocali, questa volta, sono a carico dello stesso Alex che, pur non eccellendo, sa bene che tipo di interpretazione vuole, e riesce dunque a raggiungere il climax interpretativo. Se questa band prendesse un cantante in pianta stabile, e soprattutto un biglietto per qualsiasi posto al di fuori dell’Italia, ne parleremmo come dei novelli Emerson, Lake & Palmer. Ed invece, a parte noi del “sottobosco”, un album immenso come “
The Sanctuary” rischia di passare in sordina. Peccato mortale.
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