Ad un primo ascolto distratto - ok... molto distratto: non mi ero concesso nemmeno il tempo di buttare un'occhiata alla bio e tantomeno al booklet - avevo pensato che questo dischetto fosse una raccolta di vecchi demo ("Crystal Demons") di una qualche misconosciuta formazione italiana, invece i
Witchunter si sono formati solo nel 2007 (in Abruzzo) e questo è il loro esordio che segue un primo demo ed uno split con i Witchcurse.
Un disco dal DNA ereditato direttamente dagli eighties britannici, tra Angel Witch, Tank, Raven e Saxon, ma anche Cloven Hoof, Blitzkrieg o Chateaux, enfatizzato anche da una registrazione e da una resa sonora orgogliosamente retrò.
Lasciata scivolar via l'introduttiva "Shadow of the Night", si entra nel vivo dell'album con la pulsante (dovuto in gran parte al basso di Silvio Verdecchia) titletrack, affrontata con energia, quasi sguaiata, dal cantante Steve Di Leo. Il passo, veloce ed urgente, di "Over the Lightning" (e più avanti nella tracklist pure quello di "Princess of Hell"), ricorda indubbiamente i Motorhead, ma lascia trapelare anche quella sfrontatezza tipica dei primi Atomkraft. Gli Witchunter non cedono terreno nemmeno con "Speed Killer": un titolo, un programma. "Road Master", uscita dalla penna di Angus Bidoli (Fingernails) è il pezzo dove si fanno maggiormente sentire le influenze Hard Rock, riscontrabili poi anche nel refrain della speedy "Ready Tonight".
Ma il vero gioiellino è rappresentato dagli otto minuti di "The Breath of Satan", sulfurea già nel titolo, una marcia epica e doom, che non disdegna passaggi orientaleggianti, sui quali Steve Di Leo sembra maggiormente a suo agio rispetto a quelli serrati e dove il chitarrista Federico Iustini piazza l'ennesima buona prova.
Si torna quindi a correre con il brano che si fregia dello stesso nome del gruppo, per poi giungere all'ultimo episodio di "Crystal Demons", quando scopriamo che dagli anni ottanta i Witchunter non recuperano solo il sound, il look e le pose, ma pure "Hellbound" dei Tygers Of Pan Tang (dal loro secondo LP, "Spellbound" del 1981). Ed anche questo lo fanno discretamente.
Più di trentanni di storia alle spalle e ... non
sentirli!
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