Quinto lavoro per gli Ojm, il quarto in studio, e per la band italiana è il momento della definitiva conferma. La produzione affidata a Dave Catching, noto personaggio nell’orbita di Homme, Goss, Oliveri e compagnia, offre la dimensione internazionale che ancora mancava ad una delle formazioni di punta del rock underground nazionale. Ed il feeling americano è presente nei brani di “Volcano”, che in alcuni passaggi ricorda un po’ la spigolosità geometrica di QotSA, Masters of Reality, Fatso Jetson.
Ma gli OJM ormai possiedono maturità e personalità in abbondanza per poter esibire la propria identità, spaziando con sicurezza in un panorama di sfumature più vasto. Ad esempio canzoni sospese tra hard e stoner, come “Venus God”, “Rainbow”, “Wolf”, dalle linee aggressive e nervose, con tracce metalliche che le rendono modernamente taglienti. Brani solidi, pieni di elettrica energia, con quel pizzico di classe e di atmosfera che caratterizza le formazioni davvero cresciute con l’esperienza e la consapevolezza del proprio potenziale.
Troviamo venature garage più datate in “I’ll be long” e “Disorder”, sorta di rock hits trascinanti e, perché no, orecchiabili, che mi hanno ricordato vagamente i grandissimi Baby Woodrose. Ma gli OJM offrono il meglio quando esplorano le loro coordinate più psichedeliche, soprattutto nella magnifica “Oceans Heart” vero gioiellino di free-rock dai profumi settantiani. Toni più rilassati ma tensione sottopelle, fino alla coda strumentale dove spiraleggiano chitarre psych e tastiere ultra-vintage. Episodio di grande valore, a cui si aggiunge l’intensa “Escord” che chiude un album di ottimi contenuti.
Il lavoro più “adulto” della band italiana, che si candida per un posto nella mia playlist di fine anno.