Non credevo fosse possibile, non di nuovo.
Ero già stato incredulo di fronte al ritorno monumentale due anni fa da parte degli Unanimated con un "
In the Light of Darkness" che era riuscito a ripetere i leggendari fasti di "
Ancient God of Evil", uscito nel lontano 1995, ma sinceramente non riuscivo ad aspettarmi nulla di clamoroso dai
Desultory, autori tra il 1993 ed il 1994 di due album autentiche pietre miliari del movimento death metal europeo a nome "
Into Eternity" e "
Bitterness", prima di impazzire e sconfinare in altre sonorità prima con l'ultimo album a nome Desultory, ovvero il controverso "
Swallow the Snake" del 1996, e poi il totale distaccamento con la fondazione degli
Zabulon, ottimi interpreti ma alle prese con tutt'altro genere musicale.
A diciotto anni di distanza da quell'esordio, il miracolo si è ripetuto.
Non riesco a rendermi conto di quale alchimia possa averlo permesso, nè il motivo per il quale le tre colonne dei Desultory, ovvero
Håkan Morberg, Klas Morberg e Thomas Johnson abbiano deciso dopo 9 anni di carriera e 2 dischi con gli Zabulon di letteralmente cambiare nome alla band, dato che nella line up c'è anche
Johan Bohlin, tornare Desultory e rimettersi alla prova con quel death metal dei tempi antichi, così malevolo, melodico, classico e potente che aveva conquistato tanti estimatori con dei cavalli di battaglia immortali come "
Depression", "
Tears" o "
Forever Gone": c'è voluto un anno di lavoro, dall'annuncio della reunion alla pubblicazione del nuovo "
Counting Our Scars" ma anche un'attesa cinque volte superiore sarebbe valsa la pena.
Stesse sonorità, stessa qualità, addirittura stessa produzione di un tempo, sporca e sanguigna come in passato ma certamente più che godibile e adeguata agli standard odierni, tanto che chiudendo gli occhi sembra di essere tornati davvero nel 1993: i primi due secondi dell'iniziale "
In a Cage" sono sufficienti per sgranare gli occhi ed abbandonare il timore per la speranza, ed il proseguio del brano è di quelli che fanno emozionare, che ancora una volta ti fanno sentire parte di un genere musicale e non passivo e distratto ascoltatore.
Gli assoli di
Håkan Morberg sono qualcosa di letteralmente sconvolgente, rapendo e trascinando l'ascoltatore nel mondo dei
Desultory, così come faceva il dimissionario
Stefan Pöge nei primi due capolavori della band: l'ex bassista dimostra di essere un fantastico chitarrista, sciorinando un gusto per la melodia ed una capacità di travalicare le atmosfere più inquietanti in pieno stile Desultory, capaci di offrire fantastici brani come la furiosa title track, la maligna "
Ready to Bleed", "
This Broken Halo" e tutte le altre a seguire, che mozzano il fiato sorprendendoci sempre più ad ogni ulteriore ascolto.
Un disco assolutamente imperdibile per tutti coloro che amano il death metal. Chi lo ignora è colpevole.
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