“
Un cuore che pulsa nel cervello”.
E’ una definizione che mi pare perfetta (e, infatti, qualcosa di simile l’avevo già usato per raccontare il loro primo album su queste stesse colonne!) per la proposta dei
Jolly, spettacolare formazione americana (reduce da un prestigioso tour con Riverside e Pure Reason Revolution) giunta, con questo incredibile “The audio guide to happiness – Part I”, al suo secondo full-length.
Del resto, come altro si potrebbe descrivere efficacemente una musica che riesce a coniugare “cultura” e intelligenza con una vibrante dotazione emotiva? Beh, se non avessi il timore di
esagerare, potremmo anche chiamarla un piccolo “miracolo” artistico, ma forse è meglio evitare di
turbare il lettore con espressioni troppo
roboanti, anche perché è preferibile affrontare “The audio guide to happiness – Part I” senza eccessive aspettative, per arrivare
progressivamente al perentorio raggiungimento del benessere e della
felicità, servendosi del percorso che i nostri si propongono di illustrare attraverso questo loro avvincente manuale sonoro il quale sfrutta ancora una volta (era già successo nel debutto “Forty six minutes, …”) i
suoni bineurali, soluzione scientifica (e un po’ anche “vezzo propagandistico”) evidentemente assai efficiente, quando adottata da musicisti e compositori di enorme talento, nello stimolare una benefica produzione endorfinica.
Riferimenti? Difficili da identificare. Si potrebbe parlare di Pink Floyd, Muse, Tool, Porcupine Tree, Korn, Soundgarden, Fates Warning, Oceansize, Alice In Chains (ascoltare “Radiae” per un immediato riscontro) e NIN, ma solo allo scopo d’indirizzare in maniera
approssimativa il potenziale fruitore, perché la miscela dei Jolly ha la forza necessaria per evocare molte suggestioni e poi renderle tutte straordinariamente inafferrabili e “indistinte” all’interno di una formula espositiva che finisce per essere assai carismatica e peculiare.
Citazioni di “merito”? Ancora meno agevoli. Siamo al cospetto di un continuo alternarsi e intrecciarsi di tensione, fluttuazioni amniotiche, inquietudine, aperture liquide, momenti rasserenanti e scatti veementi, per un affresco complessivo davvero impossibile da svelare in modo preciso tramite l’uso della parola, un mezzo inadeguato e limitato quando si cerca di “spiegare” un’esperienza sensoriale così impetuosa e travolgente.
La cosa che sorprende è che tutta questa emozionante creatività, questa vibrante distinzione, appare poi pure assolutamente disarmante nella sua originale “semplicità”, per nulla “complicata” da comprendere e da sperimentare in prima persona, almeno se ci si ritiene degli estimatori del cosiddetto “neo-prog”, e sarebbe altresì davvero interessante verificare l’impatto di un capolavoro istantaneo come “Joy” su ascoltatori
unicamente interessati ai territori
alternative-mainstream: sono quasi certo che il risultato sarebbe sconcertante e incredibilmente soddisfacente anche per i loro
inibiti apparati cardio-uditivi.
Non resta che usufruire intensivamente della metodologia allestita dai Jolly per affrontare uno dei temi fondamentali dell’esistenza umana: la ricerca della felicità e della gioia … sarà magari solo un “palliativo”, ma non è certamente più effimera e meno “reale” di tante altre situazioni (materiali o spirituali) che perseguiamo nella speranza possano farci conseguire questo (utopistico?) “stato di grazia”.
E poi, quando inizieremo ad annoiarci e il clamore
ineluttabilmente comincerà a scemare (dopo molto tempo, credetemi!), anche a causa della nostra
dannata natura di
music junkies, abbiamo sempre quel suffisso “Part I” a fornirci un confidente obiettivo verso cui proiettarsi allo scopo di saziare il nuovo
inesorabile desiderio di appagamento … la seconda parte di quest’affascinante forma di
surf riding effettuato sulle onde cerebrali in propagazione dal battito cardiaco.