Provengono da Roma i
The Collective Unconscious, five-piece qui alle prese con il primo EP, contenente quattro tracce e un’intro. La musica proposta dai capitolini si attesta su un prog rock molto cupo, che per certi versi mi ha ricordato i Tool o gli Opeth più meditabondi, senza arrivare a saturare il sound di elementi prettamente metal. Ottima e semplicissima la produzione, che permette di fruire della musica triste e riflessiva dei CU. Una band alle prime armi, insomma, ma già con una personalità spiccata ed idee chiare sulla direzione musicale da intraprendere. Cantato in inglese, spesso basso e sussurrato, bellissimo il lavoro delle due chitarre, che preferiscono pennellare anziché strappare la tela come farebbe Fontana, ed interessanti commistioni in un genere che offre spunti per ulteriori sviluppi. Li aspettiamo al varco del primo full length, nel frattempo qui sembrano esserci tutte le carte in tavola per un prodotto di qualità. Bravi.
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