La
Revival Wave of Heavy Metal ha scovato molti dei suoi fedeli in Svezia (Enforcer, Portrait, Steelwing...), non stupisce quindi incappare in una
nuova formazione proveniente proprio da quelle parti che guarda al buon
vecchio Metal.
Dopo essersi fatti inizialmente le ossa come Ashes, ora i
Malison Rouge si propongono con l'autointitolato album d'esordio, prodotto da Mats Levén, dove incanalano, nelle otto canzoni che lo compongono, le proprie influenze a base di Fates Warning e Queensryche. Modelli che si rivelano un po' meno inflazionati rispetto a quelli che muovono ed ispirano molti degli altri gruppi legati alla
R.W.O.H.M..
Purtroppo non tutte le canzoni hanno però il giusto tiro e tanto meno la capacità di catturare l'attenzione dell'ascoltatore, così l'album finisce per scivolare via senza colpo ferire e con ben pochi spunti meritevoli d'attenzione.
Ci riescono, infatti, solo in parte verso il finale del disco, con brani come "Scars" e "Everything Fades" (sulla quale troviamo una voce femminile a duettare con il più che discreto Zeb), con i Malison Rouge che dimostrano di aver appreso la lezione delle due bands succitate, e pure con la vivace ed easy "We're All Born Sinners", ma non per questo riescono a controbilanciare il resto dell'album, insipido e senza sussulti.
I Malison Rouge hanno osato davvero troppo poco, limitandosi al compitino.
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