E' la
Novecento Produzioni che ci rende partecipi di questo tributo ad una della band che ha segnato la storia del black metal norvegese: i
Darkthrone.
Alcuni dei capolavori scritti dall'oramai duo composto da
Nocturno Culto e
Fenriz sono in questa sede eseguiti da band appartenenti al nostro ricco panorama underground, che hanno optato per pezzi-chiave in grado di riassumere in maniera abbastanza esaustiva tutto il percorso musicale della cult band.
Ma adesso veniamo all'album.
La produzione è purtroppo disomogenea, soprattutto per quanto riguarda la chiarezza dei suoni. C'è molta disparità tra un gruppo ed un altro; alcune registrazioni sono davvero ben fatte e di buona qualità, altre sono pessime e rivelano un sapore quasi amatoriale. Non riesco a spiegarmi tutta questa palese differenza, quello che mi viene da pensare è che i pezzi possano essere stati registrati autonomamente [ed in varie sedi] da ciascuna band, per poi essere riuniti a mo' di collage, provocando un'evidente senso di dislivello tra una track e l'altra.
Ciò che mi ha sempre fatto un po' storcere il naso di fronte a tributi come questo è che le band che vi partecipano eseguono i brani cercando il meno possibile di discostarsi dalle versioni originali, con il risultato di sfornare un prodotto che appiattisce totalmente la creatività e la personalizzazione.
La tesi è confermata anche in questo caso, dove la ricerca pedissequa [e vana] di una somiglianza con i “veri”
Darkthrone rende il tutto piuttosto banale.
Per non parlare di casi in cui la non trovata aderenza all'originale genera risultati davvero ridicoli e che farebbero impallidire tutti i
Darkthrone addicted o comunque i metalheads che un po' il genere lo masticano.
Non cito i flop, ma mi limito a citare solo i pochi pezzi realmente “riusciti” all'interno di questa release, lasciando sottintesa una forte delusione per quel che riguarda i rimanenti non menzionati.
Una buona esecuzione per quanto riguarda la bellissima “
Under A Funeral Moon”, eseguita dai
Black Faith, in grado di regalare brividi anche in versione cover, insieme a “
Transilvanian Hunger”, eseguita dai
Sytry.
Ottimi anche i
Tundra, che dimostrano di usare per lo meno criterio nel proporre la loro interpretazione di “
Rust” ed i romani
Vidharr, a cui è assegnato il compito di concludere l'opera con “
The Winds They Called The Dungeon Shaker”.
Una nota di merito anche per i
Fearbringer, autori di una versione di “
Too Old, Too Cold” che non spicca tanto per la cavillosità dell'arrangiamento, abbastanza semplicistico, quanto per essere un caso isolato di accenno di personalizzazione.
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