Furyu - Ciò Che l'Anima Non Dice

Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2010
Durata:32 min.

Tracklist

  1. ILLUSIONE DEI MIEI GIORNI
  2. E POI LA LUCE
  3. UN MOMENTO: VADO A FUOCO
  4. FINALMENTE IO SONO
  5. LA VASTITà DEL MIO TEMPO
  6. CIò CHE L’ANIMA NON DICE

Line up

  • Giulio Capitelli: guitars
  • Federico Melandri: guitars
  • Michele Zappoli: bass
  • Riccardo Grechi: drums
  • Damiano Storelli: effects
  • Giovanni Notarangelo: vocals

Voto medio utenti

Si definiscono propugnatori “dell’open minded progressive”, attingono all’antica tradizione della poesia giapponese e alle filosofie Zen per il loro monicker, impreziosiscono il booklet del loro disco con suggestive e drammatiche immagini da fumetto evoluto (con una vaga affinità all’opera del maestro Bill Sienkiewicz o, volendo, in un contesto iconografico non troppo distante da certe situazioni del videogame “Max Payne”) e scelgono un approccio sonico prettamente strumentale, affidando al recitato declamatorio di Giovanni Notarangelo le didascalie di un concept ispirato ai diversi stati d’animo dell’individuo durante il percorso tortuoso e spesso incomprensibile dell’esistenza umana, nelle incertezze del suo svolgimento quotidiano.
Si chiamano Furyu, vengono da Bologna e pur non designando radicali sovvertimenti stilistici nell’ambito del prog-metal, il loro lavoro sancisce in ogni caso momenti di passionale e viscerale ispirazione, dove i segnali profondi della libera immaginazione tentano di far collidere i Dream Theater e i Fates Warning con Watchtower, Cynic , Blind Illusion, Annihilator e Death Angel, il tutto in un’ambientazione affascinante in cui convivono musica e scampoli di esistenzialismo.
Mossi da un vigore tecnico ed emotivo indomito, i sei bolognesi cercano di allargare le prerogative espressive del genere utilizzando un’ampia rete di soluzioni armoniche spesso stratificate, improvvise e volubili, supportate da incisive partiture ritmiche atte ad assecondare tanta estrosa opulenza armonica.
Un rilevante istinto melodico fa da contrappeso all’intrinseca irrequietezza di un gruppo che, grazie ed un’esposizione sonora sensibile, oltre che creativa e flessibile, riesce a sfrondare quel senso di artificioso ed elitario che avvolge spesso questo tipo di prodotti.
Le veementi contaminazioni di svariate configurazioni musicali (rock, metal, funk, prog, techno- thrash, fusion, …) catturate in una visione dai contorni fascinosamente irregolari, necessitano ovviamente di ascolti attenti e prolungati per colpire a fondo, ma il groviglio d’ispirazioni, le angolosità estetiche e l’enigmaticità concettuale non impediscono alla musica di stimolare i sensi fin dal primo ascolto, inducendo l’astante a quell’approfondimento necessario alla conquista di una forma estesa e completa di persuasione.
I riff e il groove rappresentano spesso “l’arma segreta” (ascoltate “E poi la luce” per un immediato riscontro) dei Furyu, il grimaldello per aprire la mente alle vibrazioni più elaborate ed imprevedibili dei loro fluttuanti tracciati sonori e se non ci sono troppi dubbi sul carisma complessivo dell’albo, il nodo gordiano della vicenda risiede nelle prospettive di tenuta di una formula espressiva che, qualora fosse riproposta senza apprezzabili sviluppi, potrebbe perdere inevitabilmente di efficacia.
Intrigante e a volte anche un po’ spiazzante, “Ciò che l'anima non dice” mi porta a scommettere sulle qualità dei Furyu.
Solo il futuro e l’auspicabile evoluzione della band potranno confermare le sensazioni positive, ma per ora mi posso dire più che favorevolmente impressionato.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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