Sarti19 - L’IMMAGINE - E' A Puro Scopo Dimostrativo

Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2006
Durata:24 min.
Etichetta:U.d.U. Records

Tracklist

  1. DRAGO
  2. L'ULTIMO ADDIO
  3. LE MANI SONO QUI
  4. METà DELLA MELA
  5. RAINBOW ISLAND

Line up

  • Francesco Gualdaroni: vocals, guitars
  • Marco Masotina: guitars
  • Teo Colonna: bass
  • Edo Bertolini: drums

Voto medio utenti

Si respira aria di crossover nei ventiquattro minuti di musica affidati dai Sarti19 al loro “L'Immagine - è a puro scopo dimostrativo”, e anche se gli effluvi di System Of A Down, Dog Fashion Disco, Faith No More e RHCP vengono facilmente rilevati dall’apparato sensoriale durante la fruizione del disco, l’atmosfera generale è tutt’altro che stantia e viziata da un’applicazione sterile dei loro insegnamenti.
Dalla loro i quattro bolognesi possono contare su tecnica sopraffina, sagace ironia, immaginazione e vitalità espressiva, le quali confluiscono nella sfera emblematica di un suono riconoscibile nel suo ceppo ispirativo eppure anche capace di dare respiro al proprio istinto creativo lasciandolo libero di impregnare composizioni prive di fastidiosi manierismi.
Certo, il risultato non si può definire particolarmente “rivoluzionario” o temerario, ma i nostri sanno scrivere belle canzoni, la loro forma di comunicazione arriva diretta, fresca e coinvolgente, ed è questo che in fondo conta indipendentemente dalla “familiarità” del genere espressivo in cui si decide di cimentarsi.
L’approccio sonoro è piuttosto preciso ed equilibrato e le ibridazioni fluiscono senza stravolgimenti fini a loro stesse, e se la fremente “Drago” (bello il finale orchestrale!) si presenta come un’eccellente interrogazione sulla schizofrenica ed evocativa materia concepita da Serj Tankian e dalla sua eccezionale coalizione armeno-americana, “L'ultimo addio” conduce l’ascoltatore in un clima di beffardo funk-rock con un pizzico di Elio e le Storie Tese nell’impasto e una buona presa complessiva.
In “Le mani sono qui” piacciono la volubile e pulsante linea melodica (ancora una volta dominata dal funky) e anche il sarcasmo dei testi, mentre la “Metà della mela” fonde inquietudini, energia, enfasi, istantaneità e cruda espressività, a cui manca solamente un po’ di compattezza per un effetto emotivo ancora più efficiente.
Tocca, infine, a “Rainbow Island” mostrare il lato maggiormente immaginifico del gruppo, attraverso uno strumentale che attinge dal rock, dal prog e dalla fusion per dipingere suggestivi paesaggi soffusi e agrodolci, documentando in maniera tangibile una personalità artistica eterogenea e variegata.
Scoprire che in realtà il Cd in questione è del 2006 non può che ingolosire la mia curiosità in merito al presumibile status evolutivo raggiunto da una band che già merita tutta l’attenzione e la complicità che si riserva agli “emergenti” di valore.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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