Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2011
Durata:non disponibile
Etichetta:Frontiers Records

Tracklist

  1. SLIP OF THE TONGUE
  2. SLIDE IT IN
  3. JUDGEMENT DAY
  4. SLOW AN EASY
  5. KITTEN'S GOT CLAWS
  6. ADAGIO FOR STRATO
  7. FLYING DUTCHMAN BOOGIE
  8. IS THIS LOVE
  9. CHEAP AN' NASTY
  10. CRYING IN THE RAIN
  11. FOOL FOR YOUR LOVING
  12. FOR THE LOVE OF GOD
  13. THE AUDIENCE IS LISTENING
  14. HERE I GO AGAIN
  15. BAD BOYS
  16. AIN'T NO LOVE IN THE HEART OF THE CITY
  17. STILL OF THE NIGHT

Line up

  • David Coverdale: vocals
  • Steve Vai: guitars
  • Adrian Vandenberg: guitars
  • Rudy Sarzo: bass
  • Tommy Aldrige: drums

Voto medio utenti

Dopo i milioni di copie vendute di “1987”, albo con cui i Whitesnake abbandonano definitivamente la loro “innocenza” britannica per diventare un prodotto appetibile anche per i palati americani, arriva “Slip of the tongue”, chiamato a mantenere l’aureo status ormai conseguito.
L’impresa è improba (e sarà, come oggi sappiamo, in parte, delusa), ma il gruppo con l’ingresso del guitar-mostre Steve Vai (a quanto pare per il reclutamento fu più importante il suo mefistofelico ruolo in “Crossroads”, che non il lavoro con Zappa, Alcatrazz e “Diamond Dave” Roth!) sembra davvero attrezzato per superare addirittura i trionfi del famoso best-seller.
La band arriva alla prova live del Monsters of Rock a Castle Donington del 1990 (insieme a Aerosmith, Poison, The Quireboys e Thunder), nonostante qualche critica non esattamente entusiasta, nelle migliori condizioni possibili: formazione stratosferica, con Adrian Vandenberg completamente ristabilito dalla tendinite che l’aveva costretto a disertare le sessioni di registrazione di “Slip of the tongue” e l’energia di chi vuole ancora una volta dimostrare che i gossip e le invidie (ricordate “Led clones”?) sono “roba” per frustrati e i cambi di line-up (le polemiche per lo split con Sykes e Campbell non si sono ancora del tutto placate!) sono stati funzionali alla conservazione di quel connubio tre esperienza e freschezza che “Re” Coverdale ha sempre perseguito per la sua corte.
Il concerto è, come facilmente presumibile, eccellente.
Interpretazioni di spessore e cariche di verve, un’ambientazione adeguatamente “empatica” e una scaletta che non dimentica del tutto il glorioso passato (“Slide it in”, “Slow an’ easy”, un’appassionata esecuzione di “Ain’t no love in the heart of the city”, ma anche “Here I go again”, “Crying in the rain” e “Fool for your loving”, già riesumati in trascrizioni iper-amplificate per la produzione discografica “moderna” della band) e lo affianca ai “classici” recenti (“Is this love”, “Bad boys”, la favolosa “Still of the night”, arguta traslitterazione del “Cane Nero” più celebre del rock), senza per questo affossare i nuovi brani, forse leggermente convenzionali (“Cheap an’ nasty “ e “Kitten’s got claws“ sfiorano davvero la routine compositiva, mentre “l’hard “sinfonico” di “Slip of the tongue” e l’ardore Kashmir-esque di “Judgment day”, sono sicuramente meritevoli di grande considerazione) e nondimeno capaci di un notevole impatto nella vibrante esposizione “da palco”, anche grazie all’illuminato trattamento Vai-ano, in grado di conferire all’intero programma un prezioso tocco fantasioso, seppur costantemente bilanciato.
I momenti di gloria personale per il chitarrista olandese Adrian Vandenberg (… the Flying Dutchman, Donington …), per Tommy Aldridge e ancor di più, noblesse oblige, proprio per lo strepitoso Vai (cui viene concessa, con doveroso slancio “democratico”, l’esecuzione di “For the love of God “ e “The audience is listening”, tratti dal suo “Passion and warfare”), rappresentano il complemento (superfluo, per taluni, eppure rispettoso di un copione tradizionale cui tutti siamo, alla fine, almeno un po’ affezionati) di questo sontuoso doppio dischetto, perfetto per un “viaggio nella memoria”, per ascoltare (e vedere, se vi affiderete alla sua versione in Dvd) tanta buona musica e ingolosirsi nell’imminenza del Gods Of Metal, quando David e i suoi nuovi pards ricreeranno, ne sono certo, ancora una volta la magia inestinguibile di quell’hard rock blues cromato e potente apprezzato anche nell’ultimo eccezionale “Forevermore”.
A margine della disamina, lasciatemi dire che “Live at Donington 1990”, mi costringe, però, anche ad un piccolo rimpianto per un sodalizio, quello tra Vai e Coverdale, da cui francamente mi sarei aspettato molto di più … era abbastanza prevedibile che due personalità tanto forti, diverse e carismatiche non sarebbero riuscite a convivere a lungo, tuttavia continuare ad immaginare cosa avrebbero potuto fare, con un’applicazione supplementare, l’una per l’altra e per noi inguaribili rockofili, magari portando i Whitesnake in una nuova “dimensione” creativa, rimane una stuzzicante forma di suggestione …
Recensione a cura di Marco Aimasso

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 09 giu 2011 alle 14:32

Live in the Heart of the city dell'81 è imbattibile...

Inserito il 04 giu 2011 alle 12:38

"Slip Of The Tongue" è a mio avviso il miglior album dei Whitesnake. E' un vero capolavoro, sia come melodie vocali che come parti strumentali. Personalmente non amo molto Steve Vai perché spesso risulta troppo tecnico trascurando così la melodia (al contrario del maestro Satriani). Però devo ammettere che con i Whitesnake ha sfornato un capolavoro, con arrangiamenti splendidi. Non sono i classici Whitesnake? Sinceramente non mi importa se il risultato è comunque un grande album.

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