C’è profumo di anni ’90 in questo secondo album dei portoghesi
Switchtense. Per la precisione di quegli anni ’90 a cavallo con il nuovo millennio, in cui il thrash/groove metal di
Slayer e
Pantera si fondeva con le nuove correnti nu-metal, creando gruppi come
Coal Chamber e
Hatebreed. In quest’album c’è un po' di tutto questo e..basta.
Basta, perché quello che abbiamo qui è una copia in carta carbone di album datati 10-15 anni fa, senza aggiungere niente di nuovo al calderone. E in tutta onestà, dopo 12 canzoni tutte sulle stesse corde la cosa inizia a diventare quantomeno fastidiosa. Chiariamoci, gli Switchtense fanno tutto benissimo, tecnicamente sono validi e hanno un’energia assolutamente invidiabile, che sfocia nella voce rabbiosa del cantante
Hugo, a metà tra
Phil Anselmo e
Dez Fafara, passando per i riffoni di
Neto e Pardal e per il drumming selvaggio di
Xines, forse il vero motore della band. Detto questo, non c’è una canzone che lascia il segno, non c’è un ritornello che rimane in testa, un segno distintivo, nulla che mi faccia dire “Cavolo, ma questi sono gli Switchsense!”, nulla di nulla. Le canzoni si ripetono tutte secondo lo stesso schema, si somigliano tutte, e annoierebbero tutte, se non ci fosse una violenza sonora incredibile a tenerle in piedi. Per questo discorso non mi dilungo nemmeno in citazioni per qualche canzone in particolare, ne per meriti ne per demeriti, dato che tutto si sussegue secondo il medesimo criterio, come un’unica traccia di 49 minuti.
In conclusione, raccomandato (ma neanche tanto) solo agli amanti di un metal pervaso da una solida componente groove. Ma anche in quel caso, il mio personale consiglio è un ri-ascolto di
“Vulgar Display of Power” o
“Chamber Music”, perché da queste parti di interessante c’è davvero poco. Salvo la palese voglia di spaccare il mondo, ma come dice una famosa pubblicità:
"La potenza è nulla senza controllo".
Quoth the Raven, Nevermore..
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