I
Power Theory, si appoggiano alla Pure Steel Records per dare alla stampe il loro esordio, "Out of the Ashes, into the Fire", dove rovesciano buone dosi di metallo rovente, influenzato tanto dall'Heavy Metal più classico quando dal Power/Speed Made in USA, anche se poi l'opener "Prevaricator" li porta, partendo comunque dagli Accept, sino al limite con lo Speed/Thrash dei primi Overkill, con la voce del cantante Dave Santini bella tosta e ruvida, un buon compromesso proprio tra Bobby 'Blitz' Ellsworth, Blackie Lawless e Udo Dirkschneider. Peccato però che, proseguendo nell'ascolto, l'album tenda a perdere di interesse.
L'andi sabbathiano di "Heart of Darkness" finisce per ritorcersi su se stesso e smarrisce il suo fascino fin troppo velocemente, mentre nella seguente "Nightmare Crawling" a far storcere il naso sono soprattutto le scelte vocali a livello di refrain.
Infatti, i Power Theory confermano di saper mazzolare a dovere ma di aver, forse, una qualche avversione nel vivacizzare le proprie composizioni, con brani sì monolitici (pure troppo...) ma statici. Perlomeno ci provano con gli arpeggi ed il tocco melodico di "When the Rain Comes Down" e della strumentale "Uriel's Tears", ma anche con quell'approccio spiccatamente teutonico della titletrack, senza comunque far gridare al miracolo.
Combattivi e gradevolmente retrò... ma non basta: se superano l'esame di
teoria, palesano ancora qualche incertezza in quello di
pratica.
Well, its a dirty job but someone's gotta do it
And it's a dirty review but someone's gotta write it...
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